Tra le cose accadute due anni fa, nel corso della campagna elettorale delle Politiche che hanno portato a Palazzo Chigi Giorgia Meloni, si è andata rapidamente affievolendo la memoria del singolare blitz al Quadraro (quartiere popolare romano) di una coppia un po' bislacca formata da Jean Luc Mélenchon e Luigi De Magistris, ex-sindaco di Napoli e all'epoca promotore della lista Unione Popolare, che pescava nel mondo della sinistra antagonista o nei partiti comunisti minori.

Il risultato per “Dema” non fu memorabile, tanto che non riuscì a superare lo sbarramento e a conseguire dei seggi. Ma dello strano comizio in francese del già allora esponente più in vista della gauche, in uno spiazzo alberato della Capitale decisamente non gremito, funestato da un concerto di clacson dei romani che non comprendevano il blocco alla circolazione nell'ora di punta, i testimoni ricordano certamente una cosa: il convitato di pietra, era Giuseppe Conte.

Le reazioni alle parole di Mélenchon arrivavano con un leggero délai, per via della traduzione simultanea, ma l'applauso più grande arrivò quando il segretario de La France insoumise attaccò Conte (al quale De Magistris stava cercando di drenare voti) dicendo che il suo tentativo di accreditarsi a sinistra era puro opportunismo, dopo il governo fatto assieme a Salvini e la firma sui decreti sicurezza. Il portavoce di Potere al Popolo andò oltre, rivelando ai cronisti che Mélenchon si era raccomandato che Conte non facesse il suo nome perché «non ha nulla a che spartire col M5s».

Una situazione soverchiata dai fatti più recenti, o forse da un ammorbidimento del Jean Luc d'Oltralpe, visto che i suoi eurodeputati hanno dato il via libera all'approdo del movimento pentastellato nel gruppo della Sinistra, la cui golden share è in mano a Lfi. Pare che agli emissari di Conte gli uomini di Mélenchon abbiano chiesto conto proprio del suo governo assieme a Salvini e dei decreti contro le Ong, ricevendo forse delle risposte più soddisfacenti. Oppure, la crescente voglia di parlamentarismo della sinistra transalpina sta producendo i suoi effetti, facendo tenere nel dovuto conto l'importanza dei numeri, a Parigi come a Strasburgo.

Sullo sfondo, il mantra “Io lo conoscevo bene” recitato nelle ultime ore da De Magistris e rivolto all'ex-sodale di successo, si scontra mestamente con l'indifferenza degli osservatori.