In un’epoca segnata da fake news e da un uso sempre più pervasivo — e talvolta distorto — dell’intelligenza artificiale, una regolamentazione era attesa da tempo. Come spesso accade quando la tecnologia corre più veloce delle leggi, il Diritto arriva in ritardo, ma è ora chiamato a recuperare terreno per ristabilire equilibrio e garanzie. A livello europeo abbiamo già avuto l’esperienza dell’AI Act, entrato in vigore il 1° agosto 2024, proprio con l’obiettivo di disciplinare qualsiasi applicazione di tutti i tipi di intelligenza artificiale in diversi settori, classificando dei livelli di rischio di tali pratiche. Ed è di questi giorni la notizia dell’approvazione da parte del Senato italiano del ddl sull’AI, un documento programmatico che porta il Paese ad allinearsi alla legislazione europea e globale, individuando rischi e opportunità dei nuovi sistemi digitali.

Perché è così importante regolamentare i sistemi di intelligenza artificiale? Lo dice la parola stessa: stiamo parlando di un sistema di per sé intelligente, in grado di processare una quantità di dati elevatissima e di fornire una risposta all’utente in pochi secondi. Ma da dove vengono questi dati? A questa domanda verrebbe quasi da rispondere: i dati siamo noi.

Fondamentalmente i sistemi di AI acquisiscono dati da tutto ciò che viene loro sottoposto, siano esse foto, informazioni, statistiche, documenti, creando dei veri e propri pattern. Tuttavia, proprio alla luce del fatto che stiamo parlando di sistemi al servizio dell’uomo, ma che si “cibano” delle informazioni sull’uomo, uno dei nodi centrali da sciogliere e regolamentare risulta essere quello della protezione dei dati personali, del rispetto dei diritti e delle libertà e della trasparenza di tali strumenti.

Il ddl stabilisce che l’utilizzo dell’AI debba avvenire senza recare pregiudizio alla libertà e al pluralismo dei mezzi di comunicazione, garantendo il trattamento lecito, corretto e trasparente dei dati personali. Tali temi sono interconnessi a figure quali gli istituti di cybersicurezza, i Garanti per la privacy e le nuove Autorità nazionali per l’intelligenza artificiale.

I dati forniti all’elaboratore virtuale sono dati reali, che devono essere lavorati e sottoposti a stringenti requisiti di controllo. Pensiamo alle principali possibili applicazioni dell’AI in settori fondamentali quali l’ambito medico e giuridico, vicinissimi ai diritti fondamentali della persona. Il ddl prevede che l’uso dell’AI in tali settori debba essere chiaramente regolamentato per evitare discriminazioni algoritmiche e decisioni automatizzate prive del controllo umano.

Non vedremo (fortunatamente) giudici robot, quanto sistemi che si occuperanno di facilitare la struttura amministrativa del mondo giustizia. L’interpretazione della legge, la valutazione dei fatti, l’adozione dei provvedimenti resteranno

di solo dominio del magistrato. E anzi, a livello giuridico vi è anche la previsione di norme precettive riguardanti l’introduzione di nuove disposizioni penali, con l’obiettivo di sventare i possibili usi illeciti dell’intelligenza artificiale, che rischia di finire “dietro le sbarre”.

Anche a livello sanitario, il medico potrà utilizzare l’AI come una risorsa strategica per ottimizzare i processi di prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie, con l’obiettivo di garantire pari accesso alle cure per tutti. La legge sottolinea l’importanza di promuovere la ricerca e la sperimentazione scientifica sull’intelligenza artificiale, specialmente per applicazioni legate alla salute.

Una delle novità più rilevanti è la creazione di una piattaforma di AI pensata per supportare le attività di cura, con un focus sull’assistenza territoriale. Insomma, l’AI potrà essere “braccio destro” dei professionisti, ma non potrà sostituirli né tantomeno rimanere nell’ombra. Si prevedono anche degli obblighi informativi, affinché i cittadini sappiano se nei servizi da loro richiesti siano stati impiegati sistemi artificiali.

L’informazione risulta uno degli aspetti cruciali e più importanti in un settore del genere: lungi dall’essere una tecnologia imperscrutabile, l’algoritmo dovrà essere presentato in tutti i propri aspetti, al fine che chiunque possa avere piena contezza degli strumenti utilizzati, comprendendo se e in che modo i propri dati verranno processati.

Legislazione e AI si intrecceranno e si completeranno a vicenda in un quadro innovativo: non possiamo lasciare che la tecnologia avanzi senza adattarci, ma non possiamo allo stesso modo non regolare ciò che rappresenta una delle più grandi rivoluzioni del presente. L’approvazione del ddl dimostra come l’Italia abbia la possibilità di porsi come modello di governance responsabile e innovativa, sempre tenendo alti i diritti fondamentali e promuovendo un dialogo continuo e costante con tutti gli operatori coinvolti.

Senza dimenticare che l’intelligenza artificiale è basata su di noi: sulle scelte che facciamo, sui dati che forniamo e sulla responsabilità che prendiamo nel decidere come e in che misura questa tecnologia influenzi la vita quotidiana. Il suo sviluppo deve quindi essere guidato da un’etica solida, che metta sempre al centro l’uomo, i suoi diritti e la sua libertà, assicurando che l’innovazione non diventi mai una minaccia, ma sia una risorsa al servizio della collettività.