Con un’analisi delle sue, ragionata e dettagliata, Ezio Mauro su Repubblica ha visto e indicato nei recenti interventi dei due figli maggiori di Silvio Berlusconi, ma soprattutto di Piersilvio, “la metamorfosi” di Forza Italia in una nuova Democrazia Cristiana, destinata a soffrire l’alleanza con la destra sin forse a doversene prima o poi separare.

Allo stesso Piersilvio Berlusconi invece Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio ha attribuito il giorno prima, sparandolo in prima pagina, questo “ordine” alla sua Mediaset non so se complementare o cos’altro rispetto all’analisi dell’ex direttore di Repubblica: «Più spazio ai dem nel talk show». Dem intesi naturalmente come Partito Democratico, dove notoriamente convivono, bene o male, post- democristiani e post- comunisti, anche se i primi sono diminuiti da quando è segretaria Elly Schlein.

Gli ordini dalle parti del Biscione normalmente si eseguono, pur non mancando eccezioni clamorose come nel caso dell’ex compagno di Giorgia Meloni, e collega giornalista Andrea Giambruno, sorpreso l’anno scorso fuori onda in comportamenti inopportuni negli studi televisivi, poi trasmessi con gli effetti a tutti noti. Cioè con la fine della relazione sentimentale della premier col padre di sua figlia Ginevra, per niente preclusiva - si assicura negli ambienti qualificati, diciamo così- di rapporti amichevoli fra la Meloni e i figli ed eredi di Berlusconi, anche ora che questi ultimi stanno scuotendo Forza Italia per una maggiore autonomia dalla destra nella maggioranza.

Ciò almeno secondo la rappresentazione che si sta facendo della vicenda sui maggiori giornali con contributi di esponenti anche del partito lasciato dal compianto Berlusconi nelle mani del fidato Antonio Tajani. Che ha dovuto aggiungere alle sue fatiche di governo, tra guerre fredde, calde e roventi, il fastidio di allontanare quanto meno il sospetto di essere in difficoltà a casa sua.

Sono cose, d’altronde, che capitano in politica. Capitavano già ai tempi della cosiddetta prima Repubblica dei partiti molto tradizionali e forti: per esempio nella Dc, dove le correnti ogni tanto si decapitavano da sole con clamorose rotture fra capi e delfini, veri o presunti. Figuriamoci se si possono evitare ora che i partiti sono meno tradizionali, meno forti e più personali, o personalizzati, con tutti gli inconvenienti anche umorali che ne derivano.

Non so francamente se sia vero l’”ordine” - ripeto - attribuito a Piersilvio Berlusconi, e magari smentito prima che voi passiate leggermi, di aprire di più le sue reti e salotti televisivi ad ospiti del Pd, sorpassando in questo caso se stesso dopo l’approdo a Mediaset di Bianca Berlinguer, non certo indifferente ai ricordi e ai sentimenti politici di suo padre Enrico. So però che dalle parti del Pd, nonostante le tante esperienze politicamente condominiali giù vissute con Berlusconi in persona all’epoca delle “larghe intese”, protette al Quirinale prima da Giorgio Napolitano e poi dal successore Sergio Mattarella, quando si parla e si scrive del compianto Cavaliere si avvertono mal di pancia anche rumorosi. Come quello scappato su Repubblica di sabato scorso a Massimo Giannini scrivendone beffardamente come dell’”unto del Signore”.

Sempre meglio, per carità, dello “psiconano” gridato sulle piazze e nei teatri da Beppe Grillo quando il Cavaliere era vivo - salvo invidiarne poi i voti da morto e rinfacciarli a Giuseppe Conte - ma pur sempre dileggiante. E perfino blasfemo per i credenti, vista l’opinione che si continua a coltivare del compianto Cavaliere, abituato del resto ad immaginarsi da solo camminare sulle acque.