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Elly Schlein, segretaria del Partito democratico
Che fine ha fatto Elly? Da qualche settimana la segretaria dem sembra essere uscita dai radar della politica. Dopo il primo turno delle Amministrative, infatti, di Schlein si sono perse le tracce. Eppure, nel frattempo di cose ne sono successe: dall'alluvione in Emilia Romagna, Regione di cui pure fino a pochi mesi fa era vice presidente, agli scivoloni del governo sul Pnrr da smantellare, fino alla contestata elezione di Colosimo all'Antimafia. Tranne qualche apparizione random in mezzo agli sfollati e qualche dichiarazione di circostanza, la segretaria del Pd sembra aver rinunciato a dettare l'agenda almeno al centrosinistra. E pensare che la sua elezione doveva essere un terremoto per i dem, un tornado che avrebbe dovuto sconvolgere le priorità di quel partito, rimettendo al centro della carreggiata diritti sociali e civili. Invece da troppi giorni Elly “tace”, proprio mentre il governo mostra più di un fianco e mentre nel Pd torna a soffiare forte un vento moderato e riformista - alimentato dal documento “programmatico” sottoscritto da Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Giorgio Tonini - a pretendere di nuovo spazi e cittadinanza.
Tutto si muove intorno al Nazareno, ma la segretaria sembra immobile. L'unica parola d'ordine consegnata ai gruppi parlamentari per marcare la differenza rispetto al passato è: Aventino. Il sottosegretario alla Giustizia di FdI Andrea Delmastro (protagonista insieme a Giovanni Donzelli dell'attacco al Pd per la visita in carcere a Cospito) si presenta in commissione Giustizia? Gli esponenti del partito di Schlein lasciano l'Aula.
Il governo impone Chiara Colosimo considerata quasi un'impresentabile dalle opposizioni - alla presidenza della commissione parlamentare Antimafia? Il risultato non cambia: quelli del Pd, insieme agli ogni tanto alleati del M5S, abbandonano i lavori e la maggioranza si elegge da sola il suo presidente. Una strategia, quella dell'Aventino, legittima e di forte impatto mediatico, se messa in atto sporadicamente.
Una rinuncia alla politica, se concepita come modus operandi e strumento principe della battaglia parlamentare. Anche perché, mentre Elly Schlein proclama con l'assenza la sua contrapposizione a un governo considerato “reazionario”, Giuseppe Conte sbraita, si sbraccia contro i “fascisti”, ma lontano da sguardi indiscreti chiude accordi sottobanco con la maggioranza per tutelare la sua organizzazione: sulle nomine Rai, come sulla giustizia, con l'elezione dell'ex guardasigilli Alfonso Bonafede al Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. Manovre grilline di bassissima lega che la segretaria dem non
ha alcuna intenzione di emulare? Può darsi, ma Schlein sembra aver rinunciato, in questa fase, a giocare la sua parte. Persino sulla ricostruzione dell'Emilia Romagna rossa, che per il Pd è molto più di una “semplice” Regione, a occupare il campo è il solo Stefano Bonaccini. Sarà colpa dell'equilibrismo in cui è costretta a esercitarsi per governare un partito storicamente ingovernabile, ma se l'ex enfant prodige di Occupy Pd non batte un colpo netto adesso rischia di finire presto vittima del “segretaricidio” di cui sono maestri al Nazareno. Rimanere tra color che son sospesi (sulla guerra, come sul lavoro, come sulla gestazione per altri) è un peccato che hanno pagato caro tutti i predecessori di Schlein.
L'avvocato, che un giorno fa l'alleato e l'altro l'avversario, osserva sornione le difficoltà della collega. E un po' la tiene sulle spine, come sugli apparentamenti per i ballottaggi del prossimo weekend, e un po' ne approfitta per rubarle i cuori dell'elettorato progressista. Il governo «ha introdotto maggiore precarietà, contratti sempre più a termine, sempre più voucher e in più ha tagliato la spesa sociale per quanto riguarda le persone in difficoltà, quello alla soglia della povertà accusandoli di essere divanisti», scrive su Facebook Giuseppe Conte, lanciando addirittura un appuntamento di piazza, il 17 giugno a Roma. È un salto di qualità per un partito che con la piazza (a eccezione di quelle elettorali di Beppe Grillo) non ha mai avuto un gran feeling. Il capo pentastellato sente che è il momento giusto per provarci e non si lascia sfuggire l'occasione: l'esecutivo è riuscito «a trovare soldi per maggiori forniture militari, per più armi e munizioni per alimentare l'escalation militare del conflitto russo-ucraino. Sono queste le politiche del governo Meloni che vogliamo? Evidentemente no», spiega ancora Conte, in versione pacifista e laburista. Gli italiani «non possono essere sottopagati con 2, 3, 4, 5 euro lordi l'ora, occorre un salario minimo legale e dobbiamo investire maggiormente in sanità e nella scuola», aggiunge tronfio. Elly fa da spettatrice. Al massimo diserterà pure la manifestazione organizzata dai grillini per far notare la sua assenza. Sempre che col tempo gli elettori non ci facciano l'abitudine.