C’è un che di surreale nelle decine di interviste rilasciate da Luca Marinelli alla viglia di M il figlio del secolo, attesissima serie tv sulla vita di Benito Mussolini. Da settimane l’attore ci spiega che lui con il Duce non c’entra nulla, che proviene da una famiglia antifascista Doc e che interpretare l’inventore del fascismo è stata un’esperienza «molto dolorosa».

Ce li vedete Charlie Chaplin, Bruno Ganz, Alec Guinnes o Robert Carlyle scusarsi con il pubblico per aver prestato il volto ad Adolf Hitler? Oppure Rod Steiger, Robert De Niro, Tom Hardy o Ben Gazzarra che prendono le distanze dal mafioso italo americano Al Capone?

Per restare nel tema ventennio, Mussolini è stato interpretato da decine di attori con alterne fortune: Rod Steiger (sempre lui!), Mario Adorf, Filippo Timi, Antonio Banderas, Bon Hoskins, Jonathan Hartman, Massimo Popolizio e tanti altri ma a nessuno di loro è mai passato per la testa di porgere le scuse al pubblico. Cosa ha spinto dunque Marinelli, che è senza dubbio il più talentuoso attore della sua generazione, a queste assurde precisazioni? È questa la considerazione che ha dei suoi ammiratori?

II problema è che potrebbe avere ragione lui: nell’epoca dei disclaimer e dell’autocensura, milioni di persone, oltre ad aver smarrito il senso del ridicolo, non sembrano più capaci di distinguere tra finzione e realtà, tra opera e autore.

Anthony Hopkins, che oltre all’efferato Hannibal the cannibal, ha vestito i panni di Galeazzo Ciano (genero e ministro degli Esteri del Duce), sarà presto sugli schermi nei panni dello spietato Re Erode nel thriller biblico Mary. Prossimamente un’intervista in cui spiegherà ai fan che non ha mai torto un capello a un neonato in vita sua.