Diritto di critica o parole come pallottole? Non è peregrino domandarselo, l’Italia è un Paese che ha alternato e tenuto insieme grandi rivoluzioni culturali come quella sul divorzio promossa da liberali e radicali, e movimenti di piazza non sempre pacifici, a volte dai risvolti inquietanti e violenti.

Quindi, quando il leader della Cgil Maurizio Landini, nel proclamare uno sciopero generale contro il governo, dice e ribadisce l’orgoglioso invito alla “rivolta sociale”, a qualcuno fa tremare i polsi. Perché gli anni Settanta del secolo scorso sono stati una importante stagione di riforme e pure di rivolta sociale incruenta, ma hanno anche aperto le porte a una stagione di terrorismo che nessuno può rimpiangere.

La ragionevolezza vorrebbe che le parole del leader sindacale non spaventino nessuno e che per rivolta sociale si debba intendere solamente pacifica e possibilmente costruttiva protesta. La democrazia, insomma. E chi è al governo farebbe bene a mostrare di interpretare in questo modo le parole di Landini. Invece di invocare repressione giudiziaria.

Allo stesso modo andrebbero trattate le parole di quel professore di nome Christian Raimo, che è anche esponente politico, candidato senza successo alle ultime elezioni europee di Avs, e che in quanto tale ha diritto alla polemica, anche forte, nei confronti del governo e pure del proprio ministro di riferimento, Giuseppe Valditara. Diritto di cui fa uso a piene mani, a volte dimenticando che la sua funzione di educatore dovrebbe indurlo a qualche cautela, sapendo quanto fragile sia la personalità dei ragazzi e quanto forte sia invece la loro tendenza all’emulazione, per esempio nei confronti di un insegnante amato e stimato.

C’è stata una frase per la quale il professor Raimo è stato sospeso dall’insegnamento, con dimezzamento dello stipendio, per tre mesi, su iniziativa dell’Ufficio scolastico regionale. La frase recita così: «Valditara è un bersaglio debole da colpire, come la Morte Nera di Guerre Stellari. È cialtrone, lurido e arrogante tutto quel che dice».

Lasciamo perdere la questione del tiro al bersaglio, è chiaro che è un’immagine astratta, e anche furba, da parte di un professore che è anche politico, ma che sa usare i trucchi da scrittore. In qualunque tribunale (ma nessuno l’ha denunciato, e men che meno il ministro) l’insegnante avrebbe agio di dimostrare di non aver avuto intenzione alcuna di colpire fisicamente l’oggetto della sua critica. Diverso sarebbe se i nostri protagonisti si trovassero all’interno di un’indagine per esempio di mafia, cose che capitano più spesso di quanto si creda, e le parole di Raimo fossero state intercettate dai carabinieri. Allora sì che sarebbero stati guai per l’incauto professore. In un diverso contesto, sono solo parole.

La seconda parte del discorso è, in un certo senso, ancora più innocente. E ancora più furba. Perché il professore si guarda bene dall’insultare in modo esplicito il ministro. Non dice infatti che Valditara è “cialtrone, lurido e arrogante”, ma che lo è “tutto quel che dice”. È un po’ come se avesse usato a proprio vantaggio il pensiero liberale che distingue tra chi insulta o giudica una persona e chi invece si limita a commentarne, anche se in modo malevolo, i comportamenti. Un giochetto insomma, ma che dovrebbe salvare chi ha pronunciato quelle parole. Ed evitargli qualunque tipo di sanzione, anche amministrativa.

Invece non è andata così ed è arrivata la sospensione. Un po’ moralistica, così come lo erano le parole di Raimo. Possiamo dire che l’aggettivo “lurido” fa tanto subcultura da Stato etico, da Rousseau e 5 Stelle? E anche il ricordo mitico delle “mani pulite” dipietresche, che qualcuno avrebbe, come per esempio chi ha pronunciato quella parola, e altri, come il ministro, invece no?

Non è un caso che questo episodio, insieme all’istigazione da parte di Landini alla rivolta sociale, cui potremmo aggiungere i virili gorgheggi di antifascismo di Vasco Rossi e Francesco Guccini, abbia suscitato la solita mischia da curva. E poi raccolta fondi e striscioni, e firme dei quattro gatti woke sempre presenti in favore della “vittima” del governo autoritario e fascista, va da sé. Ragionare, mai? In fondo son solo parole. Squallide, ma verba volant, speriamo.