Questa riflessione potrebbe aprirsi con una domanda: è più eversivo l’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, o il fatto che l’Associazione nazionale magistrati, quasi fosse un partito, abbia chiamato a raccolta il popolo bolognese in segno di solidarietà con il giudice Marco Gattuso?

La giornata di lunedì è stata effettivamente ricca di avvenimenti, mentre il mondo ancora si domandava chi avrebbe guidato nei prossimi anni una delle principali democrazie del pianeta, e da ieri sappiamo che ha vinto l’uomo costretto a numerosi corpo a corpo con la magistratura degli Stati Uniti.

Anche noi nel nostro piccolo, qui nella vecchia Europa e nella piccola Italia, speriamo di cavarcela, nel perenne corpo a corpo tra il mondo della politica e quello delle toghe.

L’attenzione mediatica si è precipitata prima di tutto su una non- notizia, la presunta, molto presunta irritazione del presidente Sergio Mattarella, che si sarebbe seccato per un caffè tra il suo vice al Csm e la presidente del Consiglio. Ma come non escludere che sia indignato, piuttosto, con certa stampa, il Capo dello Stato, dal momento che è stato trattato come se quel caffè avesse voluto sorseggiarlo lui, invece che il suo numero due.

Casomai, ha destato curiosità il fatto che al termine dell’incontro sia stato reso pubblico solo uno scarno comunicato della presidenza del Consiglio su una “proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti istituzioni”. Tanto che i commenti critici seguiti all’incontro hanno dato l’impressione che qualcuno si fosse dispiaciuto del fatto che l’incontro tra il vertice del governo e quello delle toghe non si fosse concluso sul ring. E lo stesso vicepresidente Pinelli, in una nota in replica ai consiglieri del Csm che gli chiedevano di chiarire “il caso”, ha aperto il suo cuore, invitandoli forse ad altri caffè nel suo ufficio, “la porta della mia stanza è sempre aperta”.

Ebollizione disinnescata, per ora. Anche se nel frattempo all’interno del Csm la gran parte dei togati, con l’eccezione di tre rappresentanti di Magistratura indipendente, più tre laici, ha presentato una richiesta di pratica a tutela dei giudici di Bologna. Non si naviga ancora in acque tranquille, dunque.

E del resto la giornata di lunedì di carne al fuoco ne aveva messa parecchia, da parte di qualche giudice. Perché il Tribunale di Catania aveva liberato cinque immigrati, disapplicando direttamente il decreto legge sui Paesi sicuri, mentre un altro giudice, a Roma, aveva rinviato un altro provvedimento alla Corte di Giustizia europea. Proprio come quel Marco Gattuso di Bologna, in nome del quale l’Associazione magistrati si è fatta partito e ha chiamato a sé il popolo in difesa del proprio figliuolo. Chiamando in suo favore l’applauso dei presenti, che sono scattati in piedi anche solo con la letterina del magistrato opportunamente assente. Del resto, lo sanno tutti che si viene notati di più se alla festa non si va, mentre vi si è attesi. Neppure una ruga pare aver solcato la fronte dei dirigenti sindacali dell’Associazione magistrati, a partire dal presidente Giuseppe Santalucia, che ha rivendicato la difesa di corporazione: “In quest’aula si esprime indignazione, perché la giurisdizione merita rispetto”.

Chissà se merita davvero rispetto un provvedimento nel quale si irride ai provvedimenti del governo con la lista dei Paesi ritenuti sicuri, trattati come la Germania di Hitler con i suoi forni crematori. La standing ovation è comunque conquistata, e il popolo bolognese, in sala ci sono anche esponenti del Pd, il partito in assoluto più subalterno a ogni stormir di toga, è dalla parte di una magistratura che pare aver sempre più fretta di collocarsi nel posto giusto. Si torna così alla domanda iniziale: è più eversivo un incontro tra istituzioni, come il governo e il Csm, o quello di giudici che si appellano al sostegno del popolo come fossero un partito a caccia di elettori? La domanda è retorica, ovviamente.