La legge è stata pubblicata il 18 novembre in Gazzetta ufficiale ed entrerà in vigore il prossimo 3 dicembre. È la legge 169 del 4 novembre 2024, “Modifica all’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano”.

È quel capolavoro giuridico, morale e linguistico della legge a prima firma di Carolina Varchi e che vuole perseguire anche chi va in un paese dove la “surrogazione di maternità” (chissà chi ha inventato questa espressione ai tempi della legge 40, altro capolavoro) è legale. Varchi ha commentato: «È in vigore. La legge a mia prima firma rende la pratica dell’utero in affitto un reato universale. Un provvedimento di cui sono fiera, perché protegge il corpo delle donne e contrasta l’ignobile mercato dei bambini. Esistono dei valori non negoziabili, è nostro dovere difenderli».

Non è ancora in vigore, e una deputata dovrebbe saperlo, ma è per il nostro bene e quindi cosa volete che importi una distrazione procedurale. Un’altra, perché la principale riguarda proprio questa legge che dovrà vedersela con il suo disinteresse per la doppia incriminazione, per la territorialità delle leggi e per le indagini che vedranno la procura italiana chiedere a un altro paese di collaborare a trovare prove a mio carico per una cosa che in quel paese è legale. Pare un film di Nolan.

Una legge che ha avvicinato persone che sembravano raziocinanti ai soliti picchiatelli e ha unito posizioni che sembravano lontane, accomunate dalla stessa assenza di capacità analitica. Perché intorno alla maternità surrogata succedono cose strane e molto banali, un po’ una sindrome di Stendhal normativa: vista sfocata, vertigini, capogiri, pensieri intrusivi. “Verranno a rubarci i nostri figli”, pensano ansiosi e sudati.

E come ossessionati parlano di India e di Cambogia e di povere donne costrette dalle circostanze, dimenticando di leggere le leggi di quei paesi e di tutte quelle donne che abitano le loro case per fare quello che di certo non avrebbero scelto se fossero ricche. Ma è solo la surrogata a essere oggetto di questa furia paternalista e a dover essere condannata moralmente e vietata sempre e comunque e ovunque.

Devo aggiungere purtroppo un sottotitolo: certo che esistono le povere donne, gli abusi, le storie orrende di potere e di classe; è il rimedio immaginato che è fuori fuoco e sbagliato. Dimenticano anche di nominare paesi e leggi (che non hanno letto) un po’ più difficili da far passare come campioni nella violazione dei diritti umani. Il Canada, la Gran Bretagna. E proprio alla Gran Bretagna penso ogni volta che sento “ma è una cosa nuova, è normale che sia difficile”. No, non lo è. Né una cosa nuova, né normale rinunciare al proprio cervello – anzi direi che è un test cognitivo abbastanza accurato.

La Gran Bretagna, dicevo, e la sua legge che è del 1985. Una legge che permette la maternità surrogata in determinate condizioni, che stabilisce chi e perché può usarla e chi può fare da madre surrogata, quali sono le spese rimborsabili (non c’è un “ignobile mercato dei bambini”) e cosa succede dopo la nascita, con il trasferimento dei diritti genitoriali dalla madre surrogata ai genitori intenzionali (che possono essere anche quelli genetici oppure solo in parte perché si è usato il gamete di un donatore).

Che succedeva in Gran Bretagna in quegli anni?, vi chiederete. C’era forse un governo punk e filoanarchico? Non proprio. Margaret Thatcher era la prima ministra da alcuni anni e nel 1978 era nata Louise Brown, la prima nata grazie alle tecniche riproduttive. I commenti alla sua nascita somigliano a quelli sgangherati di oggi sulla surrogata: dove andremo a finire, signoramia, le tecniche ci ruberanno la natura, forse qualche accusa di patriarcato e una certa infelicità tipo maledizione sulla culla. E poi i bambini, chi pensa ai bambini?! No, non certo voi che urlate e blaterate di adozione.

Mentre le tecniche riproduttive sono diventate familiari e sono rimasti in pochi a vederci l’ombra del demonio, avete spostato tutta la vostra ostinata resistenza sulla maternità surrogata. Almeno qui, perché in Gran Bretagna dopo pochi anni hanno fatto una legge.

Al confronto (fantascientifico) Thatcher-Meloni ho dedicato la tredicesima puntata del podcast “Affittasi utero”. Siccome con gli argomenti avete un po’ di difficoltà e lo capisco, sono sempre comprensiva con la pigrizia, vi chiedo: ci avete pensato a quelli già nati che vi leggono e vi ascoltano? Io spero che se ne fregheranno. Ma fossi in voi, nella foga di difenderli da chissà quale mostro nascosto sotto al letto, mi fermerei a respirare e a leggermi la legge scritta e approvata sotto Margy.