Ieri il ministro Carlo Nordio ha incontrato il proprio omologo francese. Si è parlato di carcere. Il guardasigilli d’Oltralpe, Gérald Darmanin, ha ascoltato le parole del collega, la descrizione del nostro modello penitenziario, e del 41 bis in particolare.

Ci sta. Ognuno parla dei propri guai: con gli amici, in genere, si fa così, se no che ci stanno a fare. Ma stamattina siamo stati oggettivamente colpiti da un titolo di “Libero”: “I ‘maestrini’ francesi ci copiano l’organizzazione delle carceri”, sovrastato da un occhiello fulminante, “MODELLO ITALIANO”. Cioè, amici di Libero, spiegateci: che vogliono fare, in Francia? Copiare le carceri italiane? Vogliono anche loro 90 detenuti suicidi l’anno? Vogliono replicare la nostra infame tragedia? E il nostro sarebbe un “modello”? È uno scherzo?
Sono domande necessarie. Non possiamo arrivare al punto da rappresentare la realtà in modo così assurdamente capovolto, far passare le nostre carceri come un esempio, non so se di efficienza o di organizzazione. Attenti, perché sappiamo benissimo qual è storicamente il modello che ha combinato alla perfezione l’efficienza di un’impeccabile catena di montaggio e la morte, anzi milioni di morti. Non c’è bisogno di scriverlo, ci siamo capiti.
Sappiamo benissimo che in Francia stanno messi peggio di noi quanto a sovraffollamento. Che il loro record sfonda il muro del 130 per cento. Ce ne siamo occupati. Ma magari Parigi, anziché a Roma, dovrebbe guardare a Londra, dove per non far morire i detenuti stritolati dalla loro stessa disperazione ogni tanto ne scarcerano una vagonata, qualche migliaio, e fanno respirare quelli che restano dentro. Quello è un modello efficiente, perché è umano. L’efficienza priva di umanità, invece, ci rimanda sempre a quell’altra cosa. E il giorno della memoria è passato da troppo poco tempo, per dimenticarcene.