So bene che premono cose e problemi maggiori. Ci sono, per esempio, gli elettori americani, alle prese con Biden e Trump, messi peggio di quelli europei traditi, secondo la premier italiana Giorgia Meloni, dal “top job” dell’Unione concordato “al caminetto”, sempre secondo la Meloni, fra popolari - intesi come partito - e socialisti del vecchio continente, ma anche liberali.

C’è il presidente francese Macron nel labirinto attribuitogli dalla Stampa per cercare di “arginare”, come lui stesso ha detto dopo il primo turno delle elezioni anticipate, l’avanzata della destra. C’è il cancelliere tedesco Scholz che è stato superato dall’estrema destra del suo paese ma si consola dando dell’estremista, sempre di destra, alla premier italiana. C’è il ritorno dell’antisemitismo anche in Italia denunciato drammaticamente dalla senatrice a vita Liliana Segre scampata all’Olocausto.

C’è l’Italexit dai campionati europei di calcio da cui è nato un processo mediatico all’allenatore della squadra in cui vedremo se qualcuno vorrà o riuscirà a coinvolgere il governo, secondo le peggiori tradizioni della polemica politica.

Eppure, a dispetto di tutte queste priorità, mi permetto di segnalare e lamentare la scoperta che sto facendo come blogger - si dice così di chi scrive e comunica anche per internet- della censura elettronica, chiamiamola così. Nel giro di una settimana mi sono visto “rimosso” da Facebook, una delle piattaforme più diffuse del web, per avere sfidato, pur senza saperlo o volerlo, gli algoritmi segretissimi della sua sorveglianza su ciò che è lecito, opportuno e quant’altro diffondere. Le prime due volte mi è capitato per avere paragonato - la prima anche nel titolo di un mio articolo e la seconda solo nel testo - alla “cena delle beffe” di Sem Benelli quella svoltasi a Bruxelles sotto le insegne del Consiglio europeo dopo le elezioni dell’ 8 e 9 giugno e replicata a breve.

La terza volta mi è capitato per avere scritto delle già ricordate condizioni peggiori in cui rischiano di trovarsi gli elettori americani, rispetto a quelli europei, alle prese con due candidati alla Casa Bianca, l’uscente Biden e il rivale Trump, riusciti a competere anche nel loro primo duello televisivo al minimo livello, avvertito da un po’ tutti i giornali al di là e al di qua dell’Oceano Atlantico. Che per fortuna sono diffusi a dispetto di Facebook. Dove spero di non avere sfidato o violato qualche misterioso - ripeto algoritmo anche per avere citato l’auspicio di Giuliano Ferrara sul Foglio che Biden si faccia da parte per far correre per la Casa Bianca la pur dichiaratamente renitente Michelle Obama, che vi è già stata per otto anni come moglie del predecessore di Trump.

Un’opinione, quella di Ferrara, che forse ho avuto la dabbenaggine di avere sotto sotto condiviso per non averla criticata o, peggio, derisa. O la dabbenaggine, ancora più grave, inquietante, pericolosa, scandalosa e quant’altro di avere paragonato in qualche modo l’ipotesi di una donna alla Casa Bianca di Washington all’esodio di un’altra donna nel più modesto e assai lontano Palazzo Chigi, a Roma. In occasione delle tre rimozioni ho provveduto a riempire i moduli generosamente offertimi dalla piattaforma si dice così- per giustificarmi o protestare e chiedere un riesame della pratica. Si è tutto disperso, senza risposta, nell’etere. Ah, le vie della censura elettronica sono davvero infinite. Altro che quelle sperimentate prima di internet dai più anziani o meno giovani di noi. Ma, ripeto questa volta nel latino originario: maiora premunt.