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Ci sono dei momenti nella vita democratica di un paese dove emergono le ragioni politiche per una rinnovata e consapevole collaborazione. Politica ed istituzionale. Cambiano i contesti politici, gli scenari culturali e, come ovvio, le classi dirigenti e gli stessi strumenti organizzativi.
Nel caso specifico i partiti. Ma restano intatte le ragioni che dovrebbero spingere le classi dirigenti del momento ad assumere atteggiamenti e comportamenti all’altezza della situazione. È indubbio che anche il nostro paese dovrebbe rispondere in modo adeguato e politicamente intelligente. Per essere ancora più chiaro, riscoprendo una prassi - ed un progetto - che in un passato lontano, e per tutt’altre ragioni, si chiamava semplicemente come «politica di solidarietà nazionale» tra le principali forze politiche della maggioranza e dell'opposizione.
Nello specifico, e per fermarsi a quella stagione, tra la Dc e il Pci dell’epoca. Adesso, come tutti ben sappiamo, dobbiamo fare i conti con il nuovo progetto messo in campo dall’amministrazione americana che, oggettivamente, contribuisce a ritoccare gli equilibri geo politici che per lunghi 80 anni hanno caratterizzato l’assetto mondiale. Oggi si parla di “dazi” ma, come non sappiamo, l’orizzonte è molto più ampio perché riguarda il rapporto tra l’Europa e gli Stati Uniti d’America e, al contempo, la riscoperta e il rilancio dell’antico ma sempre drammaticamente attuale e moderno progetto europeista. Di matrice degasperiana e democratico cristiana, aggiungo per l’esattezza. Cioè di un’Europa politica, federale e democratica. Certo, non tutto dipende dalle singole politiche nazionali dei vari paesi europei. Ma è indubbio che ogni paese dell’Unione Europea è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità con singole politiche. E, per fermarsi al nostro paese, dovremmo continuare ad assistere al triste e decadente spettacolo di una contrapposizione frontale e senza sconti
tra la maggioranza e l’opposizione? Con il rischio, sempre più concreto, che dobbiamo anche assistere alla singolare e stucchevole convergenza tra gli opposti populismi? Esiste, in concreto, la possibilità di far emergere adesso una convergenza politica di fondo - almeno sul tema delicato e decisivo della politica estera e della concreta difesa degli interessi nazionali - tra settori della maggioranza e dell’opposizione? Certo, non mancano al riguardo forze politiche responsabili e consapevoli della posta in gioco.
Penso a Forza Italia nel campo della maggioranza e anche e soprattutto alla stessa Presidente del Consiglio - ma non di tutto il suo partito, purtroppo - e ad Azione di Calenda e all’area riformista del Pd nell’altro campo, quella dell’opposizione. E tutto il resto? Si ha la sensazione, sempre più diffusa purtroppo, che prevalga l’antico slogan estremista e populista del “tanto peggio tanto meglio”. Ecco perché, al di là di ogni tentazione nostalgica o passatista, cresce il rimpianto per il comportamento concreto dei grandi partiti popolari della prima repubblica - penso in primo luogo alla Dc e anche al Pci - che seppero riscoprire, e declinare, una “politica di solidarietà nazionale” quando le esigenze generali del paese quasi lo imponevano. Capiterà anche adesso? Come recita un antico proverbio italiano, “la speranza è l’ultima a morire”.