Dalle pagine del Fatto Quotidiano del 2 aprile scorso, il Dottor Luca Tescaroli, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato, lamentava l’esistenza di una continua, a suo dire, campagna di “demonizzazione” delle misure di prevenzione, ad opera di “media politicamente orientati”, di esponenti dell’Accademia e dell’Unione delle Camere Penali, accomunati da una “diversa sensibilità” rispetto alla pericolosità del patrimonio illecitamente accumulato.

L’articolo, come ogni fonte scritta, dice molto dell’autore e del suo modo di ragionare e argomentare: esisterebbe una non meglio precisata parte politica, che muoverebbe i fili di una informazione partigiana, interessata a demolire il sistema di prevenzione nostrano. Spalleggiata non da tutta l’Avvocatura, ma solo dall’Unione Camere Penali, oltre che da esponenti dell’Università...

Tutti complici nell’opera mefistofelica di osteggiare la lotta alla mafia e ai mafiosi in generale. E poi, dall’altra parte, ci sono martiri dell’Antimafia come Rocco Chinnici e Pio la Torre; la stampa “buona”, che ospita l’intervento del Dottor Tescaroli; la Corte EDU, che avrebbe dato il suo imprimatur alla prevenzione e l’Europa tutta, che quel sistema chiederebbe a gran voce di far proprio. Insomma, tutto il male da una parte e tutto il bene dall’altra, secondo quella visione manicheistica del mondo, a volte infantile e a volte soltanto malevola, alla quale tante uscite simili a quella del Dottor Tescaroli ci hanno da tempo abituato. Ovviamente, a discapito della verità, come si avverte sin dal titolo dello scritto. “Confisca ai mafiosi: in Europa è gradita, in Italia è osteggiata”.

Per comprendere quanto sia fuorviante la continua evocazione, dai contorni ossessivi, della lotta alla mafia, basta notare che l’autore dell’articolo cita, a proprio sostegno, una recente sentenza della CEDU nella quale il ricorrente non era stato ritenuto mafioso, ma un cosiddetto “pericoloso generico”.

Sarebbe arrivato il momento di ricordare all’opinione pubblica, invece di continuare ad avvelenare i pozzi, che la prevenzione colpisce molto più spesso i presunti “criminali comuni”, piuttosto che gli altrettanto presunti mafiosi. Il refrain mafiologico è, dunque, né più né meno del piffero di Hamelin, a seguire il quale, prima o poi, finiremo tutti in rovina. Uomini e topi.

È l’evocazione del male maggiore, che serve a giustificare lo “stato di eccezione” costituito dal sistema di prevenzione che consente – per come è oggi – di trattare tutti i reati lucrogenetici, ai fini della confisca di prevenzione, come i delitti di mafia e terrorismo, secondo una mentalità securitaria e retriva. Senza neanche considerare che ci sono limiti alla pretesa sanzionatoria pubblica (ad esempio, il giudicato assolutorio) che non possono essere ignorati, come purtroppo è invece avvenuto nella vicenda dei signori Cavallotti.

Non è poi vero, come sostiene il Dottor Tescaroli, che l’Europa ci invidia la prevenzione e stia legiferando ispirandosi alla normativa nazionale. Anche l’ultima direttiva comunitaria, infatti, pur ammettendo la “confisca senza condanna”, la limita, ordinariamente, ai casi in cui nelle more di un procedimento penale che si sarebbe verosimilmente concluso con una condanna, si verifichi la malattia, la fuga o il decesso dell’indagato/ imputato, oppure spirino i termini di prescrizione per il reato. Nella eccezionalità, ai casi in cui, comunque i beni da confiscare siano “identificati nel contesto di un’indagine connessa a un reato”. Un sistema molto più rigido, dunque, rispetto a quello vigente in Italia.

Nella recente sentenza “Garofalo/ Italia”, che il Dottor Tescaroli ha invocato a giustificazione in sede europea della confisca di prevenzione, la Corte, oltre ai principi ricordati nell’articolo, ne afferma un altro, che l’autore dimentica di segnalare: l’ablazione di prevenzione può non essere considerata pena, ma sanzione amministrativa ripristinatoria, nella misura in cui riguardi il profitto del reato e non il prodotto o il prezzo. Ma, basta leggere il Testo Unico Antimafia per constatare che la confisca italiana riguarda “il frutto” e, quindi, sia il profitto, che il prodotto, che il prezzo!

Infine, davanti al consueto richiamo a chi ha perso la vita nel contrasto alla mafia – che sposta il confronto dal piano giuridico/ secolarizzato a quello dogmatico/ integralista – ci piace rispondere con le parole di un giurista e magistrato, che non ha mai tradito la propria onestà intellettuale e ha sempre denunciato certe derive autocratiche dell’establishment dell’antimafia.

“È sempre dietro l’angolo il rischio ricorrente di fare a meno del processo penale o di cercare vie alternative, in poche parole di by- passarlo. Si dice che il processo penale ha consentito di realizzare alcuni risultati, per esempio, nei confronti di alcuni individui singoli o associati ma non ha inciso in modo apprezzabile sul fenomeno criminale nel suo insieme. E quindi risorge l’idea di porre l’accento sulla strategia delle misure di prevenzione come alternativa più efficace rispetto al processo penale. Debbo dire con chiarezza che noi pecchiamo di memoria storica.

Da quando sono entrato in magistratura, ho sentito come una cantilena ricorrente il fatto che le misure di prevenzione – e su questo concordo in pieno – sono un mezzo antidemocratico, e che il vero luogo della punizione del responsabile è il processo penale. Che le misure di prevenzione hanno esportato la delinquenza in Italia, che sono necessariamente un doppione rispetto al processo penale e sono soprattutto in funzione vicariante quando non si sono raggiunte sufficienti prove di responsabilità.

Rispetto a fatti di assoluta modernità, pensare di adottare strategie di contrasto con strumenti vecchi e obsoleti e, soprattutto, che costituiscono un unicum in tutto il sistema giudiziario occidentale è una strategia già perdente che non serve a nulla. Serve soltanto a creare ancora una volta dei martiri dello Stato, delle persone che affermano di aver subito delle profonde ingiustizie e, in buona parte, è anche vero, perché questo avviene quasi sempre con le misure personali e anche adesso con le misure patrimoniali” ( Giovanni Falcone nel proprio intervento al convegno “Lotta alla criminalità”, Roma, 14 dicembre 1990, https:// www. radioradicale. it/ scheda/ 38093/ lotta- alla- criminalita? i= 2591047). La memoria dei martiri della mafia è anche questa, non dimentichiamolo.