Era l’inchiesta mediatico-giudiziaria perfetta, Bibbiano. Del resto c’erano tutti gli ingredienti necessari a farla decollare: c’erano i “bambini rubati ai genitori” e il “sistema di potere del Pd” emiliano. E non poteva certo mancare una procura assai “determinata”, per così dire, che si è immediatamente appoggiata a un nome assai evocativo e di sicuro impatto mediatico: “Angeli e demoni”. Praticamente un requiem alla presunzione d’innocenza. Lì dove gli angeli, naturalmente, erano i bambini strappati dalle braccia di genitori modello, mentre i demoni erano psicoterapeuti dipinti come predatori.

E a proposito di psicoterapeuti: come dimenticare il Lupo? Parliamo del dottor Claudio Foti, di colui che per magistrati e stampa teneva in piedi l'ingranaggio perverso degli affidi; il deus ex-machina, il colpevole certo. Insomma, una sentenza già scritta la sua. Almeno secondo le penne copia-incolla di qualche collega frettoloso che ora, bontà sua, dovrà mettere mano al portafoglio e risarcire Foti. E sì perché nel frattempo lui, il Lupo, è stato assolto: neanche la gran cassa mediatico-giudiziaria è riuscita a tenere in piedi l’inconsistenza delle accuse.

Ma Bibbiano non è stata solo una vicenda di accuse strillate e di inchiostro versato in fretta. No, è stata anche l'ennesima dimostrazione di come la macchina del fango possa funzionare con precisione chirurgica, soprattutto quando ci sono di mezzo bersagli facili: gli assistenti sociali, i servizi pubblici e un’amministrazione “non amica”: tutti pronti per essere messi al rogo sulla piazza mediatica, senza processo, senza prove, ma con la condanna già appesa al collo. La vera tragedia è che, mentre l’inchiesta si disfa e i presunti colpevoli si rivelano innocenti, il danno è già stato fatto.

E del resto lo ha spiegato bene il professor Vittorio Manes, «il processo mediatico non lascia spazio alla presunzione di innocenza; la gogna mediatica sostituisce il verdetto, e il danno alla reputazione diventa irreversibile, anche quando la giustizia ripristina la verità dei fatti».

Insomma, il dottor Foti, e ora anche l’ex sindaco Andrea Carletti sono stati assolti, certo, ma il racconto mediatico-giudiziario costruito ad arte resiste ancora. Si tratta di una sceneggiatura composta da presunti mostri, professionisti della salute mentale dipinti come moderni stregoni, rapitori di bambini protetti dal potere politico (sic!). Si è addirittura parlato di “lavaggio del cervello”, di macchinazioni per far dimenticare ai bambini l’amore dei loro genitori, come se tutto fosse parte di un grande complotto.

Il risultato? Anni di indagini, vite distrutte, servizi sociali desertificati, reputazioni schiacciate sotto il peso di un’indignazione collettiva gonfiata ad arte. Ma quando le aule di tribunale, quelle vere, hanno finalmente detto la loro, ecco che il castello di carta è crollato. Foti assolto, le prove evaporate, il mostro ridotto a un’ombra, un capro espiatorio immolato sull'altare del sensazionalismo. E mentre i riflettori si spengono, chi ripagherà i danni fatti? Perché la verità - ammoniva Sciascia «arriva sempre tardi, quando ormai non serve più a nessuno».