Maternità surrogata, gestazione per altri, gravidanza “solidale”: comunque la si voglia chiamare la Gpa è una pratica degradante che offende la dignità delle donne, i diritti dei bambini e mercifica la vita.

Da cattolica, non ho mai nascosto la mia contrarietà alla Gpa e ho avuto sempre una posizione molto chiara. Quando in Senato - a poco più di un anno dal voto della Camera – siamo stati chiamati ad esprimerci sul disegno di legge che rende perseguibile il reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadini italiani, non potevo che votare a favore del provvedimento.
Se è vero che la maternità non è riconducibile solo a un fatto biologico, è però indubitabile che la gravidanza e il parto sono eventi che segnano profondamente una donna. Resto così convinta del fatto che non si possa subordinare a un contratto quel legame speciale, imprescindibile, che lega ogni donna al proprio figlio. Un rapporto unico che si crea durante l’esperienza della gestazione e del parto. I figli non si comprano e non si vendono. Si acquistano le cose, gli oggetti, non le persone.
Nella pratica della Gpa la donna, tanto quanto il nascituro, diventa di fatto oggetto di una vergognosa compravendita e spesso dietro questa scelta non c’è vera libertà, ma piuttosto un bisogno economico. Povertà, solitudine, disperazione. Basti pensare all’incremento che ha avuto questo fenomeno in Ucraina dopo l’invasione russa.
In Italia la Gpa è già considerata reato: grazie alla legge 40 il nostro ordinamento lo prevede oramai da circa vent’anni. In questi anni, la legge 40 è stata in larga parte emendata dalla Corte Costituzionale, ma mai nessuno ha pensato o proposto di cancellare il reato di surrogazione di maternità. Finora però nessuno si era posto il problema di impedire che questa prassi inumana fosse commessa all’estero, per lo più da persone con ampie disponibilità economiche.
Non si poteva continuare a far finta di non vedere che questa attività viene svolta in Paesi che non sono il nostro. Intervenire, quindi, era doveroso. Oltre che urgente. Non mi convincono le obiezioni di chi accampa motivi giuridici sull’impossibilità di perseguire effettivamente il reato. Innanzitutto perché in molti Paesi, come la Francia o la Germania (non proprio due stati oscurantisti sul fronte dei diritti), è già vietata. Dunque l’argomento della mancanza della doppia incriminazione per alcuni Paesi verrebbe meno. Ma è di tutta evidenza che non è questo il punto.
Questa legge non solo va a colmare un vuoto normativo, ma chiarisce anche quello che dovrebbe essere ovvio a tutti, ovvero che - essendo un reato - praticare la maternità surrogata in Italia o fuori dai nostri confini, è esattamente la stessa cosa.
Chi è contrario a questa legge è in verità un sostenitore più o meno occulto della Gpa: parlano di ostruzionismo miope e testardo alla naturale tendenza dell’uomo verso la genitorialità o di un provvedimento contro le coppie omosessuali. Nulla di tutto questo: dal mio punto di vista l’obiettivo del testo appena approvato dal Parlamento non è quello di legiferare “contro” qualcuno, ma di colpire la gestazione per altri, una pratica intollerabile, a prescindere dal fatto che venga praticata per coppie eterosessuali piuttosto che omosessuali.
Naturalmente non sono i bambini a dover pagare il prezzo di tutto questo. Questa legge, come tutta la legislazione penale, non ha ovviamente valore retroattivo. Al contempo bisogna chiarire che la strada per tutelare l’interesse del bambino nato da maternità surrogata è quella indicata oramai da anni dalla magistratura, cioè l’adozione in casi particolari, che consente l’adozione di minori a prescindere dal loro stato di abbandono.
Spero che questa legge abbia un reale effetto di deterrenza su un fenomeno che va contrastato in ogni modo. E anche alla luce della direttiva Ue, che include la gestazione per altri nei reati collegabili al traffico di esseri umani, mi piace pensare che questa norma possa diventare sempre più un modello da esportare in altri Paesi. Sarebbe un segnale importante. Un passo avanti verso la tutela e la promozione, a livello internazionale, dei diritti fondamentali delle donne e dei bambini.
Esiste, infine, il grande tema delle adozioni. Sono tantissimi i minori, orfani o allontanati dai genitori, in attesa di una nuova famiglia. Bisogna lavorare per riformarne l’iter, snellendo la burocrazia e riducendo i tempi delle procedure. Tocca al Parlamento, in maniera trasversale, oltre ogni appartenenza politica, dare un contributo significativo su un tema così delicato che riguarda la vita di tante famiglie e spero che lo si possa fare presto.