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C’è chi - del tutto condivisibilmente - ha parlato di una “rivoluzione” a proposito dell’agenda politica promessa dal ministro Nordio. Altri che, invece, ridono sornioni poiché non conoscono appieno la determinazione di taluni Magistrati, quali per l’appunto il neo Guardasigilli. E, in effetti, come lo scrivente ha già avuto modo di sottolineare sin dal principio, questi ha inteso improntare la propria azione di governo, a capo del Ministero di via Arenula, proponendosi di intervenire radicalmente sui mali (rectius su derive) della Giustizia italiana. Una rivoluzione sicuramente “culturale” e valoriale: combattere il dilagante strapotere inquirente e il fenomeno della mass- mediatizzazione del processo penale che porta a una sentenza mediatica anticipatoria di ogni effetto.
Potere delle Procure - sostiene Nordio - ai limiti della Costituzione, atteso che non è di fatto sottoposto a limiti o controlli sulla persona dei singoli magistrati che nel disporre (o anche solo richiedere) provvedimenti restrittivi delle libertà continuano indifferentemente, senza alcun tipo di responsabilità “in caso di mala gestione”.
Si badi, nessuno, men che meno il ministro Nordio, che nella sua lunga ed encomiabile carriera ha svolto, a più livelli, proprio la funzione di procuratore della Repubblica, intende politicizzare il ruolo. Il titolare della Pubblica accusa deve, necessariamente, rimanere terzo e imparziale al pari dell’Organo giudicante. E, tuttavia, proprio l’incisività dei poteri d’indagine di cui sono funzionalmente, si direbbe dotati i Pubblici ministeri, che conduce allo sbilanciamento di quel principio di parità delle armi tra accusa e difesa di cui la Costituzione si fa portatrice e che nei fatti si traduce in un fantasma esangue.
Si assiste, oggi, ad una sempre maggior inversione di tendenza, della quale sicuramente le Procure, o alcune di esse, si giovano: gli esiti delle indagini preliminari, che per loro natura dovrebbero rimanere segreti, vengono resi sempre più “fruibili” - per così dire - al pubblico, con una diffusione mediatica su vasta scala, a danno delle persone sottoposte alle indagini o di altre completamente estranee (si pensi alla diffusione di stralci di intercettazioni ove si menzionino persone non sottoposte alle indagini) ma finanche delle indagini stesse; al contrario, la fase dibattimentale, pubblica e di formazione della prova nel contraddittorio delle parti secondo la regola d’oro di corderiana memoria diventa, paradossalmente, sempre più segreta, lontana dall’interesse mediatico o della stampa, salvo i casi di spiccata rilevanza nazionale.
È quindi contro queste derive mediatizzazione del processo penale e potere delle Procure sia come Uffici che come singoli Pubblici Ministeri, sistematica violazione della presunzione di non colpevolezza, distorsione del sistema accusatorio di formazione a dibattimento della prova, cultura del “sospetto”, lo stralcio della regola di giudizio della condanna oltre ogni ragionevole dubbio - che il ministro Nordio ha proposto una radicale inversione di marcia. Il governo è fresco di nomina ed è quindi ancora presto per pronunciarsi sulle azioni del Guardasigilli.
Al di là di ciò che effettivamente farà il Ministro, e la maggioranza di governo tutta, come è stato detto e scritto è il messaggio politico che ora conta: una riforma seria e convincente della Giustizia non può non iniziare dal contrasto a un certo “sonnambulismo” della politica, che un giorno incoraggia e il giorno dopo demonizza l’eccessiva discrezionalità e totale impunità di tali eccessi.
Imprescindibile riequilibrare i rapporti tra potere giudiziario e potere politico. Una riforma, dunque, nel segno della Costituzione, del sistema accusatorio di cui al Codice di rito, della figura del Magistrato indipendente, vetta più alta del sistema giudiziario e che porta il cittadino a fidarsi e riaffidarsi nelle mani delle Istituzioni repubblicane, restituendo all’Italia ed al suo sistema- giustizia quella tradizione giuridica di garanzia che l’ha sempre contraddistinta nel mondo.