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Il 17 gennaio, nel ricordo di Sant’Antonio Abate, protettore dei fornai, si celebra la giornata mondiale della pizza, l’alimento più conosciuto al mondo, le cui origini sono antichissime. L’antenato della pizza era una schiacciata di pane condito che si usava nel periodo neolitico, poi utilizzata dagli antichi greci come ricorda Virgilio nell’Eneide e dai romani.
La pizza è un cibo che viene consumato in ogni parte del mondo e si stima che generi un fatturato globale di oltre 10 miliardi di euro all’anno, dove solamente in Italia vengono sfornate ogni giorno circa 8 milioni di pizze. Nel 2017 la pizza e la sua arte come tramandata dal pizzaiolo napoletano è stata riconosciuta dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità.
Infatti, il patrimonio culturale non è composto solo da monumenti od oggetti, ma anche da tutte le tradizioni che includono anche conoscenze, forme di artigianato e arti. E quest’arte del pizzaiolo è in grado di fornire alla comunità un senso di identità e di promuovere la diversità culturale e la creatività umana. Questa pratica culinaria protetta comprende la preparazione dell’impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna. E proprio perché la pizza ha assunto un significativo valore economico per le aziende che la producono, numerose sono le questioni giuridiche che coinvolgono tale alimento.
Oltre alle annose dispute - anche familiari - sul diritto all’utilizzo del marchio di note pizzerie che hanno occupato per anni le aule di giustizia (Sorbillo, da Michele, ecc.), vi sono singolari pronunce giurisprudenziali che mettono in risalto il metodo di lavorazione e produzione della pizza.
Si pensi ad una recente sentenza di una Corte del Texas (New York Pizzeria Inc. v. Ravinder Syal et al.) che si è cimentata in un caso in cui si chiedeva la tutela giuridica del sapore della pizza: una nota catena di pizzerie aveva citato in giudizio alcuni ex dipendenti contestando loro di essersi indebitamente appropriati dei suoi segreti industriali riguardanti ricette, ingredienti e particolari metodi di preparazione della pizza che le conferivano un sapore particolare, a suo dire, unico e quindi idoneo ad essere tutelato come un marchio gustativo. E la Corte americana ha affermato che al sapore di una pizza può essere accordata un’esclusività vietandone la riproduzione da parte di terzi a condizione che abbia acquisito una capacità distintiva e cioè che sia divenuto idoneo ad essere associato alla sua origine imprenditoriale (c.d. “secondary meaning”) e che non sia un elemento funzionale al prodotto che contraddistingue. Quando questi requisiti sono soddisfatti, un particolare sapore o gusto può essere registrato come marchio gustativo che esclude quindi la riproducibilità da parte di chi non è autorizzato.
Anche in Europa si sta profilando questa tendenza verso la privativa industriale sul sapore, come testimonia la recente decisione dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Eli Lilly v. UAMI) che però ha negato la registrazione come marchio gustativo di un aroma di fragola utilizzato da un’azienda farmaceutica per coprire il gusto dei propri medicinali, sul presupposto che tale sapore non fosse idoneo a distinguersi tra quelli già in circolazione.
Ma la pizza - non solo quella indigesta - può provocare pregiudizi alla salute, come statuito da una recente sentenza che ha condannato il gestore di una pizzeria a risarcire 30 mila euro di danni a una cliente perché la cameriera che stava servendo tra i tavoli, urtata da una terza persona, perse l’equilibrio e fece cadere una pizza appena sfornata sulla gamba di una cliente, ustionandola (Cass. 9997/2020). Tutto sommato, niente a che vedere con l’importo risarcitorio (ben 640.000 dollari) riconosciuto dalla Corte americana del New Mexico (Liebeck v. McDonald’s) per le ustioni provocate alle gambe di una cliente dal versamento di caffè bollente da parte di un impiegato di una nota catena di fast-food. Anche per questo, meglio mangiare la pizza, perché, come ricordava Pino Daniele, “vedrai che il mondo poi ti sorriderà”.