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Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d'America
Che cosa dobbiamo aspettarci dalla Conferenza sulla Sicurezza di quest’anno? Quella che Donald Trump ha chiamato “conferenza di pace di Monaco”, sinistro richiamo al vertice che nel 1938 consegnò un pezzo di Cecoslovacchia a Hitler, sarà solo l’ouverture della nuova musica che si suona a Washington: la pace si raggiunge con la forza, come ha detto lo stesso Trump.
Qualunque pace, da Gaza a Kiev passando per i dazi, verrà perseguita partendo da minacce di alto livello, e perfino bislacche, per poi arrivare lentamente ad un qualche accordo. In tavoli di discussione - questa è l’impostazione del “nuovo sceriffo di Washington”, come lo ha appellato giusto ieri il suo vice e inviato a Monaco, J. D. Vance- in cui gli Stati Uniti siederanno a capotavola, in posizione di forza rispetto a quelli che sarebbero storici alleati, come la Ue, il Canada, la NATO, la stessa Ucraina. Mentre agli storici avversari, come Putin, si riserva l’appeasement.
Quando non l’endorsement, rinnovato ieri da Vance che si è messo sulla scia di Musk aprendo ai filonazisti dell’AFD, a meno di 10 giorni da una tornata elettorale che sarà cruciale per Berlino, e di conseguenza per la stessa Unione Europea. A Vance ha risposto per le rime il presidente tedesco Steinmeier, e usano parole non diverse da quelle con le quali a suo tempo Sergio Mattarella, attaccato ieri da Putin come uno che “inventa blasfemie contro la Russia”, difese l’Italia dalle ingerenze di Musk.
Il circo Maga mette in scena il rovesciamento della realtà allo scopo di ribaltare l’ordine internazionale, presentando gli avversari di sempre come possibili alleati, e gli alleati di sempre come nemici occulti. Lo ha detto con chiarezza Donald Trump, le cui dichiarazioni dalla Oval Room irrompono direttamente alla Conferenza di Monaco alla quale ha spedito solo il suo vice e l’inviato speciale per l’Ucraina. E dunque mentre Ursula von der Leyen dalla capitale bavarese ribadiva i valori occidentali, e la necessità di continuare a sostenere Kiev proponendo anche il meccanismo delle clausole di salvaguardia per finanziare le spese in Difesa, Trump tuonava che “gli europei spesso trattano noi americani come i peggior nemici”.
Lo scopo è rompere il multipolarismo, costruito in oltre 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per ridurlo a bipolare: gli Stati Uniti da una parte, e l’avversario di turno dall’altro. Anche per questo, sarebbe bene che gli europei marciassero all’unisono: ma così non è, dato che premier come Orban o Fico o - si vedrà fino a che punto- la stessa Meloni paiono entusiasti dell’one- to- one con Donald Trump. E pericoloso assai per la Ue sarebbe se dalle urne per il nuovo governo di Berlino il prossimo 23 febbraio uscisse un ulteriore corifeo trumpista. Dal punto di vista della sostanza, la Conferenza di Monaco sarà dunque solo l’antipasto, e di un pranzo che rischia di essere globalmente indigesto.
Trump e Putin non partecipano, ma il disgelo Washington- Mosca è avviato da tempo con gran soddisfazione del Cremlino: Putin, Lavrov, Peskov e Zakarova plaudono pubblicamente a Trump ogni giorno, cantando vittoria sul fronte ucraino. A Monaco non è presente neanche una delegazione russa, ma da Mosca si fa sapere che, quando sarà, saranno gli europei ad invitare eventualmente al tavolo di trattativa “per la pace” Kiev. E a tanta iattanza, mentre tutto il mondo occidentale sa quel che Zelensky dice pubblicamente, e cioè che Putin non si fermerà dopo aver ottenuto l’assegnazione dei territori ucraini conquistati, gli Stati Uniti non rispondono. Anzi, Vance si appresta a condizionare i futuri aiuti americani a Kiev alla cessione dei minerali rari di cui l’Ucraina è ricca.
È vero che da parte occidentale errori sono stati commessi, che non c’era bisogno di provocare Mosca con un argomento inesistente quale l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, come continuamente ribadito dall’allora segretario generale Stoltenberg: per aderire al Patto Atlantico ci sono, tra i pre- requisiti, non essere in guerra e avere confini certi, condizioni che Kiev non è proprio in grado di assicurare, e dal 2014. Ma oggi, a Monaco come nei futuri vertici “di pace”, non è di pace che si tratta, ma al massimo di una lunga e instabile tregua, ottenuta al prezzo di consegnare a Mosca il più importante trofeo: la vittoria politica.
Che sia quella la strada intrapresa da Washington è esplicitato dallo stesso Donald Trump che vorrebbe “la Russia nel G7”, come fu ai tempi del G8 voluto dall’amministrazione di George W. Bush, alla quale assai volentieri si accodò Silvio Berlusconi. Intendiamoci: il disegno di un’Europa che vada dai Pirenei agli Urali non sarebbe affatto malvagio, se ve ne fossero le condizioni, se ci fosse la volontà politica di crearle. Ma è come per la pace in Ucraina o in \\ Palestina: la pace, la collaborazione e la non belligeranza tra gli Stati, sono obiettivi che si perseguono attraverso equità e giustizia. Non con violenza e minacce, come ha da poco ricordato Sergio Mattarella.