Secondo l’articolo 361 del codice penale, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, «il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto. Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa».

Il medico, se lavora in un ospedale, è un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. È anche vero però che l’articolo 365 prevede che “chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’autorità indicata nell’articolo 361, è punito con la multa fino a 516 euro. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale” (il corsivo è mio).

Insomma, prima del codice deontologico c’è la legge e la legge potrebbe dare ragione, tecnicamente, a Eugenia Roccella in determinati casi, ovvero quando i medici agiscono nella veste di pubblici ufficiali? Ci sono comunque delle perplessità rispetto al caso specifico. A quali medici si rivolgeva Roccella sulla maternità surrogata? E come funzionerebbe il controllo di questa chiamata alla denuncia da nascita immorale e illegale? Come dovrebbero controllare bene i medici? Dovrebbero rifiutare i genitori sospettati di aver compiuto questo atroce delitto o accoglierli e poi denunciarli?

Rispetto alle altre tecniche riproduttive dovremmo ricordarci che non esiste un elenco dei nati in questo modo, non c’è insomma una lista speciale di quelli che hanno dovuto sostituire un rapporto sessuale con una fiv o una fivet o una “surrogazione di maternità”. Perché sarebbe un po’ lunare e soprattutto rischierebbe di creare liste speciali non solo degli orridi genitori ma pure dei figli, no? Non è il caso di auspicare un registro dei nati da maternità surrogata, anche se forse con questa legge dissennata succederà di peggio.

Ho sempre pensato che il personale non dovrebbe essere politico. Per fare bene la politica (che comprende leggi e discussioni) devi essere fredda e non (troppo) impicciata con i tuoi problemi. Insomma, il personale va dallo psichiatra e, possibilmente, non così com’è in Parlamento o in televisione.

Ci ripenso spesso quando leggo la ferocia e l’arroganza di alcune condanne della maternità surrogata. Il personale in fondo è una forma di identitarismo, l’io non lo farei eletto a legge universale – so che non fa piacere a voi secondo cui le storie personali sono le uniche a contare. Forse per voi sono speciali, ma chissà cosa pensate di avere di tanto prezioso. Se te ne frega troppo sei il peggior negoziatore possibile, il testimone più inaffidabile.

Se ogni volta che pensi alla surrogata o all’aborto pensi che stiamo parlando di te e di tuo figlio, come puoi essere lucida? A cosa puoi servire? Questa mitomania feroce della vittima è dannosa e inutile.

E l’empatia – che è più dannosa del petrolio – dovrebbe essere eliminata come condizione di qualsiasi cosa, se non forse per tenerti la mano quando piangi. Ma non è un dominio pubblico questo, è una consolazione che dovrebbe avvenire in privato.

Io continuo a pensare che la cosa più oscena sia l’effetto (desiderato e dichiarato da molti dei suoi sostenitori) dissuasivo di questa legge e di qualsiasi altra legge non giustificata da un danno ma da un intento moralizzatore.

Poi mi pare che sia un’altra dimenticanza: che sono esistite e che esistono leggi brutte, scritte male, moralmente ripugnanti. E che invocare l’applicazione di una legge in quanto legge non basta a rendere quella legge decente. Mi auguro che ce ne ricorderemo.