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Prime Minister of Israel Benjamin Netanyahu addresses the 79th session of the United Nations General Assembly, Friday, Sept. 27, 2024. (AP Photo/Pamela Smith) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain
La decisione di Netanyahu di interrompere ogni rapporto governativo con Haaretz, il più libero e progressista tra i giornali israeliani, non è solo un attacco alla stampa indipendente, è il manifesto di un governo che sta costruendo uno stato di guerra permanente, con tanto di propaganda e censure.
In questi mesi Haaretz non ha risparmiato nulla Netanyahu e ai suoi, e col tempo è diventato il simbolo di una battaglia per la democrazia e la libertà di parola. Il che, a ben vedere, lo rende il più “patriottico” tra i giornali, il più attento a vigilare sulla democrazia israeliana che vive una crisi senza precedenti. Altro che disfattismo.
L’ordine di boicottaggio, invece, somiglia più al tic autoritario di chi ha in mente il modello di democrazia a libertà limitata di Erdogan, Putin, Orbán. È un passo lungo il sentiero di una “Israele illiberale”, per citare Anna Foa, il cui libro - Il suicidio di Israele - è un grido d’allarme che nessuno vuole ascoltare.
In gioco c’è l’idea stessa di Israele come democrazia e Anna Foa, con una lucidità rara, ricorda che quello che succede oggi in Medio Oriente è per Israele un vero e proprio suicidio guidato da un governo che si aggrappa al suprematismo israeliano e soffoca ogni voce che osi invocare la pace.
Di certo il 7 ottobre 2023 ha segnato una svolta tragica: il progrom di Hamas ha trasformato una crisi politica e sociale in una guerra. Netanyahu, già assediato da proteste massicce che ne chiedevano le dimissioni, ha risposto con una durezza che non lascia spazio alla politica. Eppure, ed è questo il punto centrale, Israele non può sopravvivere solo con le armi. Non può vincere Hamas senza affrontare le sue radici, senza offrire ai palestinesi ciò che è stato loro negato per decenni.
E allora, che cosa resta? Resta il grido di chi si oppone, di chi resiste. Quegli israeliani che manifestano, che scrivono, che lottano contro un governo che tradisce i principi su cui Israele è nato. Resta la diaspora, divisa, ma ancora legata all’idea che Israele possa essere altro, qualcosa di più di un’ombra autoritaria. E resta la voce di Haaretz, che continuerà a raccontare l’Israele che Netanyahu vuole zittire.