«Una pazza terribile»; «una lunatica della sinistra radicale». Una che «vuole giustiziare i neonati». Donald Trump rispolvera il suo miglior repertorio per arringare il popolo Maga contro Kamala Harris, colpevole nell’ordine di «ridere sempre» e di voler difendere i diritti e le libertà delle donne, compresi quelli riproduttivi.

Da pedina «insignificante» nella sua marcia trionfale verso la Casa Bianca, la vicepresidente dem si è trasformata d’un tratto in temuto nemico. Contro il quale si è subito messa in moto la macchina del fango: un armamento di fake news e video artefatti da lanciare in rete per acchiappare quante più prede possibile nel sacco della disinformazione.

«Kamala Harris è peggio di Biden», dice il tycoon. Che forse deve tutto il suo livore all’improvviso cambio di registro impresso alla campagna presidenziale dalla candidatura di Harris: senza neanche muovere un dito lo ha reso agli occhi dell’America un’icona stantia, che sa di muffa. “Sleepy Joe” cede il passo al nuovo che avanza. E il vantaggio d’età su cui Trump ha giocato buona parte della sua campagna gli torna indietro come un boomerang, ora che i 59 anni di Kamala fanno apparire i suoi 78 per quelli che sono.

I social se ne sono accorti subito. Ma gli attivisti del movimento trumpiano Maga (Make America Great Again) non se ne staranno certo a guardare. E hanno già cominciato a dire la loro. “Kamala non è nata negli Stati Uniti”. E non è neanche una “vera nera”. Perché se l’obiettivo certo sono i suprematisti bianchi, i fedeli seguaci di Trump non possono tralasciare neanche la comunità afroamericana. Harris ne ha già conquistata una parte, dopo il viaggio in Indiana tra le confraternite femminili afroamericane. Che al maschile furono cruciali per l’elezione di Obama, di cui pure l’endorsement è atteso in queste ore.

Intanto Kamala può vantare un’alleata in Hillary Clinton, che del fango ha già riconosciuto la puzza. Harris «è talentuosa, esperta e pronta a diventare presidente. E so che può sconfiggere Donald Trump», scrive sul New York Times l’ex first lady. Ma «so quanto possa essere difficile per le candidate donne forti combattere contro il sessismo e i doppi standard della politica americana». Candidata per due volte alla Casa Bianca, l’ultima nel 2016, proprio contro il tycoon, Hillary ha potuto assaporare i frutti avvelenati della campagna trumpiana. «Anche se mi addolora ancora non essere riuscita a rompere quel soffitto di cristallo, sono orgogliosa che le mie due campagne presidenziali abbiano fatto sembrare normale avere una donna in cima alla lista». Allora l’America, dice, non era ancora pronta. Lo sarà ora?