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L'avvocato Alessandro Cannevale, ex pm, e il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Ricordo perfettamente era il titolo di un esilarante libro di Nino Vascon, finte memorie di un funzionario del Fascio. Io ero un funcionario, come quelli di Argentina, 1985, ma non ricordo perfettamente i miei lunghi anni di servizio, solo le cose buffe o strane. Me n’è tornata in mente qualcuna leggendo le parole del ministro Nordio sui “fascicoli clonati” e sulle “indagini occulte ed eterne”, ovvero sull’uso improprio dei vari registri sui quali le procure della Repubblica dovrebbero iscrivere, non appena possibile, il titolo dei reati per i quali procedono e i nomi degli indagati, perché da quel momento decorrono i termini massimi di durata delle indagini.
Alla fine del secolo scorso, i giornali parlarono a lungo del mitico Fascicolo-Contenitore della Procura di Milano. Io ne ricordo perfettamente il numero: 9520 barra 95 mod 44, indagini contro ignoti. Più che a un contenitore somigliava al cilindro di un prestigiatore o a una prestigiosa botte di rovere: ne uscivano, come colombe svolazzanti, indagini invecchiate il giusto, di buona beva. Ogni volta che volava una colomba, persone anche troppo note (in tutti i sensi), da tempo oggetto dell’amorevole attenzione degli inquirenti, venivano iscritte nel registro degli indagati in un fascicolo nuovo di zecca, con altrettanto nuova decorrenza dei termini massimi di durata delle indagini.
Da noi, a Perugia, ce ne arrivò uno che sapeva di tappo: era destinato all’archiviazione, salva denuncia per calunnia della gola profonda. Si sa che molti primari mandano i moribondi a spirare in un altro reparto. In tempi più recenti, ma comunque lontanissimi, mi sembra di ricordare che a Perugia qualcuno avesse trasformato le iscrizioni nel registro degli indagati in una specie di gioco delle tre carte. In quel gioco lì, sapete, i mazzieri più abili possono farne di ogni: tenersi un fascicolo di altri che serve alla carriera, intercettare un parlamentare indagando un suo amico, instaurare un’indagine parallela su un’indagine condotta altrove, tenere in ostaggio il fratello del procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, o indagare su se stessi, quando si tratta di fughe di notizie.
Il procuratore capo Nicola Miriano, un galantuomo all’antica, ordinò alle segreterie di non iscrivere nulla e nessuno senza il suo consenso, poi raccontò tutto al CSM. Beh, alla fine il CSM sanzionò lui, perché una volta gli era uscita una frase poco cortese. Ho avuto l’onore di incontrare anche altri magistrati galantuomini che, senza molta fortuna, cercarono di affrontare il problema delle iscrizioni improprie. Archie Miller, capo dell’ispettorato, decise di censire, e di segnalare al Ministro, i procedimenti penali nei quali erano iscritti da troppo tempo i “noti da identificare”, persone che avrebbero potuto essere state iscritte da mesi o da anni ma che erano trattati alla stregua di ignoti perché, guarda un po’, se ne sapeva il nome e il cognome ma non la data e il luogo di nascita. Risultati? Zero carbonella.
Gianfranco Mantelli era già finito anni prima sulla gogna mediatica, per aver osato formulare rilievi alla Procura di Milano. Più di recente, da punti di osservazione più ristretti, mi è capitato di imbattermi in altri casi di uso bizzarro dei registri degli indagati. Due esempi: nel 2017, la Procura di Firenze riceve due esposti anonimi che denunciavano, fra gli altri, due magistrati di Perugia, in quanto colpevoli di una pervasiva corruzione ambientale.
L’art. 333 del codice di procedura penale vieta di fare qualsiasi uso processuale degli anonimi, eppure la Procura di Firenze acquisisce i tabulati telefonici delle persone diffamate dagli anonimi e accerta di quali immobili siano proprietari, di quali rapporti bancari siano titolari. Nessuna di queste persone viene iscritta come indagata, come se una procura della Repubblica raccogliesse simili informazioni non per accertare reati ma, per… boh, non so, per indagini di mercato? Per un concorso a premi? Da questa indagine mai trattata come tale non esce un bel niente. Ciò nonostante, dopo due anni, la Procura di Firenze la inserisce in blocco in un maxifascicolo a carico di uno dei due magistrati diffamati e di molti professionisti, che depositerà al GUP con la richiesta di rinvio a giudizio.
Così tutte quelle informazioni sono diffuse fra un centinaio di persone, contando imputati, persone offese e rispettivi difensori. Analoga diffusione ricevono gustose informazioni su persone estranee alle indagini, emerse dalle conversazioni intercettate: pare che un medico abbia raccomandato il figlio di un carabiniere per farlo studiare in Albania, forse un altro medico si è fatto pagare in contanti un bell’onorario, due magistrati si lasciano andare a commenti irriguardosi sulla Procura di Firenze.
Le birbonate di questi cattivoni non potevano essere oggetto d’iscrizione, perché non erano reati, ma lo sputtanamento non richiede iscrizioni. Torniamo a Perugia, dove un bel giorno viene indagata una persona per una fuga di notizie. Per scoprire a tutti i costi cosa sia avvenuto in un certo incontro al quale quella persona ha partecipato, il PM interroga il suo difensore. Quando il difensore oppone il segreto professionale, il PM sostiene che è stato opposto indebitamente. Solo che non fa quello che dice il codice, cioè compiere accertamenti ed eventualmente ordinare all’avvocato di deporre: piuttosto lo ammonisce annunciandogli che valuterà se ha commesso un reato (intralcio alla giustizia? lesa maestà?). Questa bella pagina di giustizia penale, però, non è inserita nel fascicolo a carico della persona che era cliente dell’avvocato, anche se era su di lei che si indagava. Di conseguenza, il giudice che ha valutato la richiesta di rinvio a giudizio del PM non l’ha vista.
Alla fine il cliente dell’avvocato ha deciso di patteggiare, indovinate perché. Ora basta coi ricordi. Giunto al fin della licenza, sono tentato di dire la mia sul problema sollevato dal Ministro, al quale la legge Cartabia ha opposto un rimedio troppo timido. Forse dovremmo importare il principio del fruit of poisoned tree ed estendere all’intero processo, senza limiti né condizioni, ogni nullità provocata dal mancato rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari o delle garanzie difensive. Quanto ai magistrati che mostrano di ignorare la legge (in tutti i sensi), più che separare le loro carriere da quelle di altri sarebbe il caso di stroncargliele, invitandoli cortesemente a servire la Giustizia su poltrone meno impegnative.