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IMAGOECONOMICA
Non siamo nati ieri. E capiamo benissimo che un conto sono i princìpi, altra cosa è la politica. Perciò non ci sconvolge il cinismo del “Giornale” diretto da Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri. Non ci scandalizza che il quotidiano dei garantisti di destra si scordi bellamente i princìpi del diritto di difesa non appena a vestire la toga del penalista c’è un avversario politico, nello specifico Antonio Ingroia.
E non vogliamo certo “farci maestri” di due fuoriclasse come Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti, nel notare che stamattina, sul loro quotidiano, c’era un articolo dal seguente incipit: “Da icona antimafia a legale di una famiglia di ’ndrangheta il passo è breve. Fa discutere la scelta dell’ex pm siciliano Antonio Ingroia di rappresentare la vedova di Antonio Bellocco, l’esponente dell’omonimo clan nel direttivo della curva Nord interista ucciso a coltellate lo scorso 4 settembre”.
Naturalmente nel breve inciso c’è tutto: l’ironia sulla conversione dell’ormai ex pm dello “Stato-mafia”, i pesantissimi precedenti accumulati da Bellocco prima di essere trucidato con modalità belluine, contesto che dovrebbe enfatizzare il parossismo dell’incarico assunto sempre da Ingroia. E ripetiamo: non ci mettiamo a fare i pastori della meraviglia. Però una cosa: se la convinzione nei princìpi del diritto di difesa è così claudicante, guardate, cari amici del “Giornale” e del governo, che la battaglia sulla separazione delle carriere la perdete. Anzi la perdiamo, perché, come ha scritto il nostro direttore Davide Vari, questo giornale è schierato senza esitazioni a favore della riforma Nordio, anche se sarà pronto a ospitare posizioni diverse.
E attenzione, perché, è il caso di ripeterlo, alla consultazione sulle carriere dei magistrati non ci si gioca solo lo “sfizio” di portare a casa una legge sgradita all’Anm: in ballo c’è un più strutturale riequilibrio dei poteri fra politica e magistratura, e soprattutto, se dalle urne uscisse anche un solo “No” in più, è la stessa permanenza del centrodestra al governo del Paese che sarebbe in pericolo. Presentarsi alle Politiche del 2027 azzoppati da una così fresca sconfitta referendaria sarebbe, come la storia recente insegna, uno spettacolare harakiri.