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IMAGOECONOMICA
È lo sferragliare sinistro di un treno che passa puntuale e così, nel pieno di una battaglia feroce tra governo e magistratura, e a sole due settimane dal voto, ecco che arriva il colpo che (non) ti aspetti: la procura di Perugia prima indaga e poi archivia Donatella Tesei, l’attuale governatrice e ricandidata dal centrodestra alla regione Umbria. Di mezzo ci sarebbero i fondi regionali per l’agricoltura e un paio di legami di parentela: sarebbero coinvolti il figlio di Tesei e il marito dell’assessora Paola Agabiti.
Certo, non è un’accusa, non lo è più, ma l’effetto è lo stesso e la non-notizia lascia un retrogusto che sa d’amaro oltre a un netta sensazione di déjà-vu. Raffaele Cantone, magistrato assai apprezzato, ex presidente Anac e oggi procuratore a Perugia, ha infatti firmato l’archiviazione per un’accusa che non esiste più, l’abuso d’ufficio, reato abolito qualche mese fa che viene regolarmente riesumato per ricordare che, anche quando non c’è reato, può esserci scandalo. È la giustizia mediatica in una delle sue versioni più grottesche: si diffonde una notizia che non è più notizia e si chiama in causa una persona che non sarà processata.
Il fatto in sé è irrilevante: il caso è chiuso, l’archiviazione è lì a dire che non c’è nulla da perseguire. Ma l’informazione si muove su piani differenti. E nella nuova guerra tra magistratura e governo, questo è un colpo perfetto.
La questione è più grave di quanto appaia: qui non si discute la colpevolezza o l’innocenza di Donatella Tesei, non si indaga sul possibile abuso d’ufficio (perché è stato abolito), piuttosto si allude, si dice e non si dice, si colpisce il politico e il governo che “salva i colletti bianchi”. Che poi in questi anni i condannati per abuso d’ufficio siano stati 9 su oltre 5mila processi, ecco, quello non conta.