Naturalmente i due gay padovani che hanno avuto un bimbo in Argentina tramite GPA non potranno essere colpiti dalla nostra legge sul reato universale ( mai dizione è stata più impropria) per l’ovvio motivo che tale legge non è entrata ancora in vigore (manca la firma del Presidente della Repubblica, poi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e poi i 15 giorni consueti di vacatio legis).

Tuttavia, serve richiamarsi a questo caso per cominciare a porsi alcune domande.

Prima fra tutte: quando si perfeziona il reato di surrogazione? C’è una molteplicità di possibili soluzioni: al momento della stipula del contratto fra la surrogata e i genitori intenzionali? Oppure al momento dell’impianto dell’embrione? Oppure al momento in cui si constata clinicamente che l’embrione ha attecchito, vale a dire che l’impianto ha avuto successo ed è iniziata la gravidanza? Oppure al momento del parto? Non ci sono orientamenti giurisprudenziali sul punto perché finora nei casi che si sono posti era irrilevante, ma certo rilevante potrebbe esserlo per tutti quei genitori che al momento dell’entrata in vigore si trovino ad avere già affrontato, ma non ancora concluso il percorso. Credo si possa dire che il reato si perfeziona al momento della nascita, poiché le incertezze del concepimento e della gravidanza sono tali e tante che rendono l’esito del comportamento tenuto sommamente incerto. Al più, lo si potrebbe retrodatare – e alcuni pm certamente tenteranno di farlo – al momento della raggiunta sicurezza dell’impianto dell’embrione. Una norma transitoria su questo punto sarebbe stata utile, ma figuriamoci se i deliri penalistici di questo governo potevano badare a simili inezie!

Ma – si dice – i due padri potrebbero essere colpiti all’estero dalle ipotizzate norme di tratta di minori, vendita di bambini e altre ipotesi gravissime. Non conosco a fondo il codice penale argentino, ma quasi tutte queste ipotesi, se si seguono le interpretazioni delle nostre analoghe norme, colpiscono le strutture che praticano la tratta, non i singoli che magari neppure conoscono a chi risalga la messa in piedi della struttura. Ipotizziamo però che una coppia di genitori venga indagata, processata e assolta non per la surrogazione ( che in quel paese è regolamentata o comunque ammessa come legittima), correrà poi il rischio di essere processata in Italia per la legge Varchi? Direi di no, stante il principio di sussidiarietà dell’azione penale in Italia rispetto all’azione penale subìta all’estero. Vale a dire, sarà possibile processare un cittadino italiano per un comportamento tenuto anche all’estero solo se l’ordinamento estero è rimasto inerte davanti a questo comportamento. Ma se per lo stesso comportamento i genitori sono stati indagati o addirittura processati e assolti, allora la strada è precluso per qualunque sia pur tenace pm italiano.

Vediamo la questione sotto un profilo più generale e poniamoci la domanda. Come, in che misura e con quali strumenti i giudici italiani applicheranno la legge Varchi? Domande per dare risposta alle quali ci vorrebbe veramente la sfera di cristallo e pagine di supposizioni. Però giova forse guardare all’indietro a come si sia evoluta la giurisprudenza negli ultimi vent’anni sulla maternità surrogata, fin dai tempi in cui la chiamavano “utero in affitto”.

Non si creda che fin dall’inizio i pm, spronati in tutti i modi dalle dritte ministeriali, non perseguissero tenacemente i genitori che la avevano praticata ed i giudici non avessero la tentazione di seguire questi pm: c’è voluta una battaglia legale che ha accumulato decine e decine di sentenze di merito e di diritto prima che i pm mollassero la presa e la giurisprudenza si assestasse sulla non responsabilità penale dei genitori recatisi all’estero per avere un figlio con la GPA. Si è trattato di una progressione costante a favore dei genitori, in cui sullo sfondo c’è sempre stato una comprensibile benevolenza nei confronti di chi aveva tenuto il comportamento che aveva tenuto pur di coronare il sogno ( mi piace usare questa espressione piuttosto che quella godere di un diritto) di avere una creatura fra le braccia in tutto e per tutto loro, anche dal punto di vista giuridico. Certo, la legge Varchi ha reso le cose più difficili, ma giuridicamente non insormontabili.

Posto che finché ci sarà la possibilità clinica di coronare questo sogno in una qualche parte del mondo, fosse pure un’isoletta della Polinesia, chi lo coltiva sarà pronto ad andare in quell’isola costi quel che costi, il sentire comune, condiviso dai giudici, sarà sempre favorevole a che il sogno diventi realtà. Possiamo aspettarci dunque una battaglia legale che durerà molti anni, che coinvolgerà giudici di merito, Cassazione, Corte Costituzionale e Cedu, e si può ipotizzare finanche la Corte Penale di Giustizia, ma alla fine la GPA compiuta all’estero, laddove essa è ammessa e legittima, sarà esente da pena. Certo, sarà costata cara in termini di patimenti e patemi d’animo a genitori e piccole creature, ma non dubito che l’esito sarà questo.