C’è una frase, sfuggita fra le lacrime al conduttore Sky Alessandro Bonan. “Saremo sempre grati a Paolo Rossi per aver reso infiniti i nostri vent’anni”. Era il 9 dicembre 2020. Pablito ci aveva appena lasciati. La tv di Murdoch gli rese omaggio con una splendida no stop, e quelle parole di Bonan dicevano tutto, del trionfo del Sarrià, della gioia del Bernabeu, di quell’estate 1982 che segnò una generazione.

Otto anni dopo un altro centravanti, un po’ simile a Paolo e un po’ diverso per fisico e forza, Totò Schillaci, riaccese le nostre notti. Tutti le chiamarono magiche, ipnotizzati dall’inno di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Schillaci ne fu il più straordinario protagonista. Oggi se n’è andato pure lui.

Totò, come Paolo, ha ballato un’estate soltanto. Poi la sua luce si è affievolita. Ma diversamente dall’eroe dell’82, questo splendido, generoso e appassionato ragazzo del Sud non ha potuto andarsene col sollievo del trionfo. Glielo negarono gli errori di Donadoni e Serena nella semifinale contro l’Argentina. Lui non si arrese e segnò persino nella finalina di Bari, che valse all’Italia di Azeglio Vicini, il 7 luglio del 1990, il terzo posto contro l’Inghilterra. E poi la lenta, ma inesorabile dissolvenza.

Paolo era esploso a Vicenza, Totò a Messina. Sono parabole quasi identiche. È la mancata vittoria che farà di Totò, per sempre, un’icona solare e malinconica. Lui ci lascia e quelle notti svaniscono nella memoria, ci lasciano soli con un rimpianto. Paolo Rossi ha reso infiniti i nostri vent’anni, Totò Schillaci ne fa più struggente il ricordo. Ma gli vorremo sempre bene, come ne vorremo per sempre a Paolo. Ricorderemo quell’urlo di meridionale dagli occhi spiritati che nella vittoria vede una luce, e diremo ai ragazzi che vestiranno ancora la maglia azzurra di lottare anche per lui, per Totò, per regalarci notti che facciano tornare il sorriso e ci liberino da questa insopportabile malinconia.