Botte da orbi in Liguria in attesa delle elezioni regionali del 27 e 28 ottobre. Un’altra delle conseguenze dell’inchiesta giudiziaria partita in maggio con rombi di cannone di reati gravissimi e conclusa in settembre con il topolino del patteggiamento, tra Toti e Procura, per reati piccoli così.

Protagonisti delle legnate, quelle prese e quelle date, sono gli esponenti del fu campo largo di sinistra. I quali, menando fendenti alla cieca, non vedono di aver buttato il bambino con l’acqua sporca.

Hanno tentato di gettare in discarica Matteo Renzi e i suoi, rappresentati in Liguria da Lella Paita, una detestata a sinistra più ancora del leader di Italia Viva. Ma intanto, con l’eliminazione della lista che conteneva nel proprio seno il “nemico”, hanno cancellato anche i socialisti e i radicali di Più Europa. Cioè quel mondo riformista che si ritroverà senza rappresentanza e spingerà inevitabilmente altrove il proprio elettorato, verso l’astensione o magari al fianco del candidato del centrodestra Marco Bucci, il sindaco di Genova di sicura cultura liberale.

Così Andrea Orlando, che da tempo aspettava quel segnale per la propria candidatura che gli è stato offerto su un piatto d’argento dalla magistratura con il blitz del 7 maggio, si ritrova sempre più sospinto nell’angolo della sinistra- sinistra, sempre più avvinghiato all’abbraccio soffocante del Movimento Cinque Stelle, proprio nella Regione di Beppe Grillo. Un leader storico che, mentre si sta processando suo figlio per fatti che lui ritiene ingiusti, non ha nessun interesse a infierire su chi, come l’ex governatore della Liguria, è stato atterrato dai pubblici ministeri fino alle dimissioni. E che, inoltre, ha persino un candidato alternativo che si riferisce a lui, come l’ex presidente della bicamerale antimafia Nicola Morra, che viene valutato dai sondaggi al 2% di voti sottratti allo schieramento di sinistra.

Se a questo quadro aggiungiamo la non grande capacità di Orlando di uscire dallo schema della prevedibilità, ecco pronta la buccia di banana dell’uso politico del processo in campagna elettorale. Quello che il candidato del centrosinistra, mentre quasi la metà dei liguri è ancora indeciso sul voto, non avrebbe mai dovuto fare e che ha anche invece già fatto con la fallimentare manifestazione estiva dell’ex campo largo in piazza De Ferrari a Genova.

Infierire sull’avversario caduto è qualcosa di intollerabile per quel mondo “moderato” il cui voto è ambito da entrambi gli schieramenti. Soprattutto quando, come ha notato ieri in un’intervista al Giornale lo stesso ministro Carlo Nordio, nell’accordo con l’imputato la procura di Genova ha dovuto ammettere che gli atti amministrativi di Toti erano legittimi.

Ma, benché buccia di banana, l’uso elettorale della giustizia è sempre una forte tentazione. Così Orlando, evitando il terreno scivoloso del filone principale d’indagine che ha portato ai patteggiamenti dei tre protagonisti, tenta di deviare su personaggi minori, nella speranza che lo portino addirittura a colpire il candidato Marco Bucci. Che cosa di meglio se non un colpo basso alla presenza dell’ex assessore Stefano Anzalone nella lista “Orgoglio Liguria”? Il tono e i contenuti non sono quelli che ti aspetteresti da un ex ministro di giustizia, piuttosto quelli di un disinformato qualunque grillino. «Mentre il centro destra candida capolista un indagato per voto di scambio politico-mafioso - esordisce Orlando - noi abbiamo costruito liste composte di persone perbene…».

Il primo risultato è quello di rischiare anche una querela dall’imbufalito Anzalone, cui non è stata mai contestata l’aggravante mafiosa, quella che riguarda altri indagati e che è stata palesemente usata dagli inquirenti per poter indagare e intercettare per quasi quattro anni evitando la prescrizione dei reati. Ma il candidato della sinistra finisce anche per subire persino un colpo durissimo da parte del coordinatore della lista, un ex Pd come Gianni Vassallo, che sul Secolo XIX addirittura lo irride: «Ha fatto il ministro della giustizia e non sa neppure leggere l’ordinanza di un gip». Proprio botte da orbi.

Certo, qualche consolazione politica rimane anche a sinistra, dopo la nomina dell’ex sindacalista Cgil Mario Sommariva alla presidenza della Spinelli srl, la società che controlla il Terminal Rinfuse, proprio quello che è stato oggetto dell’inchiesta giudiziaria. Se a questa si aggiunge la precedente nomina dell’ex numero uno del Csm nonché membro della direzione del Pd David Ermini alla presidenza dell’altra holding di Aldo Spinelli, la Spininvest, ecco che il cerchio si chiude. Ma sarà un vantaggio per la sinistra, quello con cui un titolone del Fatto quotidiano ha stabilito che Orlando «fa il pieno di poteri forti»?

Ciliegina sulla torta. Da ieri Il Secolo XIX , prestigioso quotidiano della Liguria, non è più firmato dalla direttrice Stefania Aloia, la quale aveva fortemente polemizzato con Marco Bucci rimproverandogli di non aver voluto concedere interviste al quotidiano da lei diretto. Forse sottovalutando il ruolo forte che Il Secolo ha avuto in questi mesi nell’attacco politico nei confronti di Giovanni Toti e tutto il centrodestra.

Dal 7 maggio, poi, dopo il blitz della magistratura, Il Secolo è stato uno strumento quotidiano decisivo al fianco dell’inchiesta giudiziaria. Sempre il più informato e il più colpevolista. Da ieri, dopo il passaggio di proprietà del quotidiano dal gruppo Gedi della famiglia Agnelli- Elkann a Msc dell’armatore Aponte, la direzione è passata a Michele Brambilla, un giornalista esperto e molto equilibrato, che vanta nel suo passato anche il ruolo di cronista giudiziario a Milano. Un altro cambiamento davanti al mare, come lui ha scritto nel suo primo editoriale.