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Valeria Valente senatrice del Partito democratico
A partire dal successo della manifestazione di Milano per la tutela delle bambine e dei bambini delle famiglie Arcobaleno, la ritrovata iniziativa del Pd con Elly Schlein sul fronte dei diritti deve essere un’occasione vera per i Democratici di sfidare la maggioranza di destra- centro e non solo di condurre una battaglia di testimonianza. Anche su questo si misura la concreta capacità di cambiamento e di innovazione del nostro partito e si distingue la sinistra riformista incarnata dal Pd da una sinistra massimalista.
La nostra segretaria ha affidato ad Alessandro Zan il compito di mettere a punto un disegno di legge sui diritti delle famiglie omogenitoriali. Bene, anche nel mutato clima dell’Esecutivo Meloni, apertamente ostile ai temi e ben diverso dal periodo del governo Draghi, questa può essere una palestra per il Pd, per prima cosa per imparare dagli errori fatti con il ddl Zan sui crimini d’odio e per cercare di portare a casa un risultato per le persone in carne ed ossa.
Iniziamo dal metodo, fondamentale: allargare il confronto il più possibile a partire da ciò che accomuna anziché da ciò che divide per operare quella sintesi, che spesso nel Pd è mancata, su cui condurre una battaglia anche radicale, ma non minoritaria.
È indispensabile confrontarci senza pregiudizi per tenere conto delle ragioni, per esempio, di una parte della galassia femminista e di un pezzo del mondo cattolico e arrivare a un testo il più condiviso possibile sulla base del quale sfidare la maggioranza in Parlamento. Anche tra i banchi della destra, infatti, siede chi intende, a vario titolo, lottare per i diritti delle persone Lgbtq+ e aggiornare la legislazione alla società.
Ma veniamo ai punti della legge. Il matrimonio egualitario è una proposta che può vedere la convergenza di molte delle anime del Pd e non solo. Sul fronte dell’adozione, positivo sarebbe estenderla anche ai single, oltre che alle coppie dello stesso sesso. Cruciale sarà in realtà rendere l’adozione un iter più semplice per tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale: più breve, meno burocratico e meno costoso e quindi davvero praticabile, con lo scopo prioritario di garantire una famiglia ai minori che non ce l’hanno. Una famiglia è tale nell’amore e ha ormai vari volti, la società è più avanti della legge.
Il terzo punto, invece, ovvero il riconoscimento dei bambini alla nascita, non può evitarci un confronto sull’opportunità della Gravidanza per altri (Gpa) o “utero in affitto”. Dobbiamo sostenere, come abbiamo fatto, il regolamento europeo sul certificato di filiazione, che non incide sulla legislazione dei singoli stati in materia di riconoscimento, ma afferma solo un modo opportuno e giusto di stare in una comunità politica e istituzionale. Non possiamo però avvallare la Gpa, pratica di sfruttamento del corpo femminile, di negazione del materno e di commercializzazione dell’essere vivente, che avviene, giova sottolinearlo, sulla base del censo e non solo dell’orientamento sessuale, visto che ne fanno uso soprattutto le coppie eterosessuali.
Non si tratta ovviamente di disconoscere i diritti dei figli e delle figlie nati attraverso la Gpa, ma non possiamo incoraggiare nei fatti il ricorso a una pratica che, diciamocelo senza ipocrisie, non si configura nella grandissima maggioranza dei casi come una scelta libera e gratuita delle donne. La tutela di quei diritti può dunque continuare a passare, in Italia, per l’adozione, così come il diritto alla genitorialità. Dovremmo a mio avviso seguire il metodo di un ampio confronto anche per riproporre il ddl contro i crimini d’odio, a partire dal testo originario del ddl Zan, senza tirare in ballo gli argomenti divisivi che hanno di sicuro reso più complicato anche in quel caso il raggiungimento del risultato. Continuo a credere che esista una società matura anche più della politica, come del resto è accaduto in altri passaggi della storia, per avanzare sul terreno di un ampliamento dei diritti per tutti e tutte. Sta a noi esserne all’altezza.