Alla fine degli anni 70 in Colombia si realizza un incrocio perfetto. I principali club calcistici stanno attraversando una pesante crisi economica, molti sono sull’orlo del fallimento, mentre nel Paese emergono i grandi cartelli della droga, quello di Cali guidato da Gilberto Rodríguez Orejuela detto “lo scacchista”, e quello di Medellin con a capo il celebre Pablo Escobar.

Il calcio è un mezzo ideale per servire i crescenti interessi dei narcos, per acquisire popolarità e riciclare i proventi miliardari del traffico di cocaina. Rodríguez Orejuela acquista l’America de Cali, mentre Escobar diventa proprietario dell’Atletico National de Medellin. Negli anni 60, prima dell’era Escobar, il Nacional era guidato da un certo Hernan Botero. Suo fratello, Roberto Botero, era in prigione per riciclaggio di 70 milioni di dollari in relazione al traffico di droga. Hernan Botero fu condannato a 18 anni di carcere ed estradato negli Stati Uniti nel 1985 per aver riciclato 55 milioni di dollari attraverso una banca della Florida e poi venne assassinato in prigione.

Non era raro vedere Pablo Escobar di persona sugli spalti dello stadio del Nacional o addirittura in campo a benedire i “suoi” calciatori. Durante il suo regno il Nacional vinse una Coppa Libertadores, una Coppa Intercontinentale e 4 campionati colombiani. Grazie ai narcodollari la squadra si era nettamente rinforzata e laddove non arrivavano i meriti sportivi ci pensava il boss. L'arbitro della semifinale della Libertadores contro il Danubio Montevideo ha ammesso di aver ricevuto minacce dal cartello.

Nel 1990 un altro arbitro denunciò tentativi di corruzione da parte della dirigenza dopo la partita contro il Vasco da Gama. Nel 1989, il cartello di Medellin assassinò Álvaro Ortega per “cattivo arbitraggio” il che portò alla sospensione del campionato quell'anno. Per i tifosi Escobar era un idolo, quasi un santo. Ma anche per molti calciatori del club come il pittoresco René Huiguita che visitò il suo patron anche quando era rinchiuso nel carcere della Catedral All’inizio degli anni 80 un altro dei principali leader del cartello di Medellin era riuscito a prendersi la squadra del cuore: il Bogotà Millonarios. Si tratta di Gonzalo Rodriguez Gacha, a lungo uno dei trafficanti di droga più potenti e influenti della storia, meglio conosciuto con il nome di “mexicano”.

Nel 1982 i Millonarios precipitarono in una crisi sportiva e finanziaria senza precedenti. Il club non partecipava alla finale dall'ultimo titolo dal 78 e aveva urgente bisogno di nuovi capitali. Così la poltrona di presidente occupata da un uomo rispettabile e integro come Alfonso Senior era ora nelle mani di un narcotrafficante con la camicia aperta e il cappello da cowboy che in quegli anni si era comprato migliaia di ettari di terre nella regione della Magdalena.

I Millonarios vinsero il campionato nel 1987 e nel 1989. Un giocatore di quell'epoca raccontò un aneddoto colorito qualche anno dopo. Il “messicano” aveva invitato i giocatori a festeggiare il titolo affittando una ventina di prostitute dal “migliore” bordello di Bogotà, cibo dai migliori ristoranti e alcol “in abbondanza”. Dopo due giorni di festa senza sosta, si è accorto che la maggior parte dei giocatori si era addormentata. Prese il suo mitra e sparò raffiche in aria, gridando: «Vi ho invitati a divertirvi e a fare sesso, non a dormire!».

Il Deportivo Pereira, una piccola squadra di provincia, era di proprietà esclusiva dell'eccentrico multimilionario Octavio Piedrahita, un uomo associato - senza mai venire condannato - alle attività di Escobar. Sorprendentemente, questa squadra, abituata a lottare per la salvezza, finì al quarto posto nel campionato nel 1982. Piedrahita divenne poi presidente del Nacional Medellin e fu assassinato nella guerra dei cartelli. Stessa musica per il Santa Fe dove nuovi investitori sostituiscono i tradizionali socios, incapaci di sopportare gli eccessivi oneri economici. Il management finisce in mano al gruppo “Inverca”: i principali azionisti erano Fernando Carrillo e Phanor Arizabaleta, membri del cartello di Cali.

Il cartello di Cali si è mosso anche a livello internazionale. Avrebbe offerto 4 milioni di dollari ai dirigenti peruviani durante il Mundial 78 per perdere contro gli argentini. In cambio la dittatura di Videla permise ai colombiani di continuare tranquillamente i loro affari in Argentina.

L'elenco dei dirigenti assassinati per i loro legami con il traffico di droga è lungo: da Hernan Botero a Eduardo Davila (Union Magdalena)da Ignacio Aguirre (Tolima, assassinato negli anni 80) a Cesar Villegas (ucciso nel 2002, legato al club di Santa Fe) a Juan José Bellini (presidente della Federazione ed ex leader dell'America) Il periodo si conclude con la morte di Pablo Escobar nel 1993 e l'arresto di Gilberto Rodríguez Orejuela nel 1995, eventi che segnano il declino del cartello di Medellin e di Cali con i principali club che subiscono le restrizioni della lista Clinton. Tuttavia, il calcio colombiano fatica ancora a rimuovere questa etichetta che gli è rimasta appiccicata. I soldi dei grandi cartelli scompaiono a poco a poco, ma i legami con i narcos perdurano anche negli anni 2000. Non più le squadre della prima divisione ma quelle delle serie inferiori dove i controlli ancora oggi sono pressoché inesistenti.