È morto Rino Tommasi. «Non era mai accaduto nella storia», direbbe lui, maestro di giornalismo sportivo così amante dei grandi eventi, dei numeri, delle statistiche. Chi scrive è cresciuto a pane e Wimbledon, rinunciando tante volte, nei caldi pomeriggi di inizio luglio, sacri per chiunque ami il tennis e di conseguenza disprezzi il padel, a uscire con gli amici per ascoltare la coppia Tommasi-Clerici raccontare le finali sul centrale di Church Road. Indimenticabile quella del 2008, Roger Federer e Rafael Nadal al loro apogeo, finita dritta negli annali dell’All England Lawn Tennis and Croquet club assieme a quella tra Borg e McEnroe del 1980. Ebbene, in quella finale non si contarono i «circoletti rossi», inventati da Tommasi per bollinare un colpo fuori dal comune, con l’aggiunta del «come se piovesse» in caso di ripetuti tocchi da maestro.

Maestro come era lui, di telecronache di pugilato prima che di tennis, un’enciclopedia vivente di numeri, classifiche, curiosità. «Internet prima di internet» si definì lui stesso, che a 90 anni ci ha lasciato dopo una vita dedicata al giornalismo sportivo. Si faceva apprezzare perché amava quello che faceva, godeva nello sciorinare numeri sconosciuti ai più, percentuali sulle prime palle di servizio che a molti non dicevano nulla ma che a lui aprivano un mondo. 

E poi quel lessico inventato ed entrato ormai a far parte del linguaggio tennistico, da “veronica” a “volèe agricola”, da “punteggio isoscele” (es. 6-4/3-6/6-4) a “dritto anomalo” (cioè il diritto “a uscire”). Insomma, una fucina di idee e di parole. Tommasi era la mente, Clerici il braccio. Intellettuali, prima che giornalisti. Cantastorie, più precisamente. «Ohhh bongo bongo bongo stare bene solo in Congo non mi muovo no no…», è l’inizio dello stornello cantato prima da Sophia Loren in Peccato che sia una canaglia e poi riproposto da Renzo Arbore in Quelli della notte, e che Tommasi e Clerici, completamente fuori contesto, si divertivano a cantare come intro prima delle loro telecronache su Tele+, licenza poetica concessi solo ai migliori.

«Così si gioca in paradiso», disse al termine di uno scambio stellare tra Federer e Nadal durante la finale di Wimbledon 2007. «Beh adesso non spingerti troppo oltre», gli rispose Clerici, e Tommasi pronto: «Io non ci sono mai stato e forse non ci andrò, però insomma, ci metto due circoletti rossi». Ilarità, ironia. Si divertivano, quei due. Chissà se si divertiranno ancora.

«Quando i nani fanno l’ombra lunga è l’ora del tramonto», una delle sue frasi più celebri per spiegare che in giro, anche nel giornalismo, ci sono un po’ troppi “nani” che vogliono sembrare giganti. Ebbene Rino Tommasi, pur non avendolo mai voluto essere, un gigante lo era eccome.