L’ edizione del manuale di diritto privato di Francesco Gazzoni è quella del 2024 e la polemica che ne ha fatto seguito, porta fra le diverse notizie che oltre 300 magistrati hanno inviato una lettera aperta a tutti i docenti universitari affinché non si adotti il manuale, considerate le frasi contenute nella sua Premessa e dove, fra le tante critiche mosse alla magistratura, è asserita una psicolabilità di alcuni giudici e dove le magistrate italiane «sebbene giudicano non di rado in modo eccellente» sono persone in equilibrio molto instabile nei giudizi in materia di diritto di famiglia.

Come ci spiega uno dei promotori dell’iniziativa, Simone Spina del tribunale di Siena, «il nostro obiettivo non è il boicottaggio del libro ma sollecitare l’Accademia sul proprio ruolo di responsabilità e sensibilità con riguardo alla scelta dei testi da adottare nell’ambito dei corsi universitari, consapevoli che gli atenei italiani continueranno in questa loro missione cruciale per lo sviluppo democratico del nostro paese di educazione alla cultura dell’uguaglianza e di rifiuto di ogni forma di linguaggio gratuitamente offensivo e discriminatorio».

A distanza di pochi giorni abbiamo la notizia che l’Anm abbia inserito nel proprio ordine del giorno “iniziative” nei confronti del direttore di Libero, Pietro Senaldi, che alla trasmissione televisiva in onda sulla rete La 7 ha definito la magistratura come “uno dei cancri del paese”. E come se non bastasse, a distanza di pochi giorni, abbiamo la notizia che a Caltanissetta è in corso un procedimento giudiziario per diffamazione nato da un commento critico pubblicato su Facebook da un avvocato di Agrigento nei confronti di un gip coinvolto nell’annullamento di un’importante processo per droga.

Soprattutto nei primi due casi, quello di Gazzoni e quello di Sinaldi, sottoposti all’attenzione del Direttivo della magistratura, come scrive Enrico Novi sul Dubbio, «si intravede uno slittamento “privatistico”, de- politicizzato, rispetto al conflitto di cui la magistratura è protagonista da vari lustri. Ritenere intollerabili la critica - che si tratti della frase pronunciata in TV dal direttore di un quotidiano o di uno stralcio dell’introduzione di un manuale universitario - vuol dire anche recedere da un protagonismo che negli anni è sempre stato politico in senso lato. E potrebbe essere un segno di debolezza: il sintomo che nell’Anm si è consapevoli della diminuita popolarità che le battaglie della magistratura suscitano nell’opinione pubblica».

Una opinione pubblica che nell’affrontare questi temi si pone alcune domande che almeno i vertici della magistratura avrebbero il dovere di porsi e dare risposta: come mai ci si sofferma nella lettura di un manuale, eccezionale per i suoi contenuti e per lo sviluppo delle sue tesi, ad una Premessa? Come mai non si tenta in alcun modo da parte della stessa magistratura di contro- argomentare le osservazioni ritenute indegne ed offensive?

Contro-argamentare, ad esempio, se sia giusto o meno che la carriera di un magistrato sia la conseguenza di sentenze appropriate o che poco importa, di contro, che queste abbiano condotto qualche innocente in galera, lasciando per strada altri colpevoli e che il criterio preferibile sia quello di progredire nello stipendio in base alla mera anzianità? E per quale ragione si dimentica di contestare pubblicazioni quali quella del giurista, prof. Sabino Cassese (Il governo dei giudici) che evidenzia, magari con una terminologia più soft, che l’indipendenza della magistratura è divenuta autogoverno? «Familismo ed ereditarietà - scrive Cassese - hanno aumentato separatezza e autoreferenzialità. Ci si attendeva razionalità e si è avuto populismo giudiziario ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri».

È ovvio che possa dar fastidio alla magistratura l’affermazione di Gazzoni secondo cui i giudici «non di rado appartengono alla categoria degli psicolabili». Tuttavia dovrebbe anche esser considerato che trattasi di un’affermazione che - come Gazzoni non manca di riferire era stata pronunciata, oltre vent’anni addietro, dal magistrato Mario Garavelli ( Ma che cosa è questa giustizia? Luci e ombre di una istituzione contestata) alla luce dell’esperienza maturata vivendo il mondo giudiziario. E potremmo anche chiederci che cosa i vertici della magistratura pensano delle «sentenze su sentenze. Verdetti su verdetti in cui anno dopo anno, si riflettono vizi e difetti, miserie e debolezze delle toghe italiane.

Non di tutte ci mancherebbe, ma di una minoranza malata». È il giornalista, autore e conduttore Stefano Zurlo a scriverlo nel suo Nuovo libro nero della magistratura, dove troviamo raccontati molteplici casi che non rendono certo rispetto verso la magistratura.

Forse al posto del manuale del prof. Gazzoni e della sua Premessa potrebbero i 300 magistrati suggerire agli studenti e a coloro che si avvicinano attraverso i concorsi alla magistratura di leggere anche volumi di questo genere per meglio comprendere che da un lato si assiste a una dilatazione del ruolo dei giudici, divenuti parte della governance nazionale, e dall’altro a una crescente inefficacia del sistema giudiziario e che spetterà loro, futuri giuristi difenderlo, perché la magistratura è una struttura fondamentale in un sistema democratico. E se dovesse rimanere la richiesta dei 300 magistrati di ritirare il manuale dalle università sarà bene ricordare ai futuri giuristi che, come la giurisprudenza ha più volte sottolineato, il diritto di critica si concretizza in una opinione che come tale non può pretendersi rigorosamente obiettiva e può, se si è in grado, suscitare un confronto, purché non si faccia mai ricorso a forme di censura risalenti a sistemi totalitari o ad un rogo di libri e dei loro autori, ipotizzato in pellicole cinematografiche come Fahrenheit 451.