Dopo anni di silenzio, il Parlamento sembra disponibile a presentare una bozza che possa dare veste giuridica a quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale sull’aiuto al suicidio medicalizzato. Non è da escludere che la recente normativa toscana o il prossimo regolamento che Luca Zaia prepara in Veneto possano ormai aver fatto capire al Parlamento che ulteriori ritardi non sarebbero stati possibili. Così nasce una bozza preliminare in merito, a firma del senatore Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia.

Centrale nella bozza è il problema delle cure palliative: per i pazienti che chiedono di porre fine alla loro vita si prevede che questi debbano già essere inseriti in un percorso di cure palliative. Di fatto si prevede che le cure palliative siano un “prerequisito della scelta”: un percorso obbligatorio per i pazienti che chiedono di porre fine alla loro vita. Non siamo ancora pienamente a conoscenza della bozza Zullo, tanto più che questa non è detto che sia pienamente condivisa dalla stessa maggioranza. Diversi parlamentari di questa maggioranza hanno già manifestato diverse perplessità e assicurato che questi primi contributi verranno approfonditi e che il Parlamento si prenderà “tutto il tempo che serve”.

Tuttavia, se così dovessero essere pensate e prescritte le cure palliative per coloro che accedono all’aiuto al suicidio medicalizzato, queste diventerebbero un’ulteriore condizione, oltre alle quattro già previste dalla Corte costituzionale, indipendentemente dalla volontà del paziente di accettare o rifiutare un determinato trattamento sanitario. In altri termini si tratterebbe di una profonda modifica alla legge n. 219/ 2017 che nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ha tutelato il diritto all’autodeterminazione della persona e stabilito che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata.

In pratica, una legge tesa a valorizzare la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico e che si basa sul consenso informato. Il fatto che la Corte costituzionale ricordi che le cure palliative debbano essere assicurate al paziente non significa obbligarlo a un tale percorso.

Certo, invece, vale la pena ricordare il documento della SIAARTI (2023) nel quale si legge: «Per quanto le circostanze possano essere difficili e faticose al rifiuto ripetuto e ostinato del paziente non deve fare seguito il suo abbandono, deve piuttosto essere di sempre garantito un adeguato livello di cura e qualora necessario, la loro rimodulazione in chiave palliativa».

Il nodo delle cure palliative implica dunque il problema di quale incidenza queste possono avere nell’ambito di una richiesta di aiuto al suicidio. Per alcuni le cure palliative possono attenuare la sofferenza fisica, ma non quella psicologica, cioè la sofferenza che dipende dal fatto che il soggetto oscilla tra una sedazione quasi continua e una sofferenza fisica, una sofferenza data anche dal fatto che il soggetto può dipendere dagli altri in tutto il suo restante percorso di vita.

Per altri la richiesta di aiuto al suicidio medicalizzato può, attraverso il percorso delle cure palliative, mai imposto, essere riformulata insieme al paziente come aiuto a non soffrire e a non essere accompagnati nel processo del morire. Tuttavia, il dramma personale dell’elaborazione della propria morte supera e non evita l’offerta di condizioni migliori per trascorrere con meno dolore e con meno sofferenza il tempo rimanente dell’esistenza. Anche le cure palliative, come del resto la medicina della guarigione, si scontrano qui con un proprio limite intrinseco, perché non sempre possono riuscire a dare risposta alla sofferenza esistenziale del morente.