Lo sappiamo da tempo eppure è una prassi che si ripete spesso in questi ultimi anni. E che, di fatto, confligge con la buona politica e, soprattutto, con quella “cultura delle alleanze” che ha caratterizzato per molti decenni la storia democratica del nostro paese. Una cultura delle alleanze che ha fatto delle coalizioni un punto centrale e costitutivo della stessa cultura di governo.

Ma oggi, e purtroppo da ormai molto tempo, sono le sommatorie, i pallottolieri e le alleanze indistinte ad avere sostituito, di fatto, le coalizioni tra partiti con una vera e propria cultura di governo. Dando vita ad alleanze che sono una semplice e banale sommatoria di tutti coloro che hanno un nemico giurato ed implacabile. Nel caso specifico, il centro destra di governo a cui viene additato una serie infinita di responsabilità che possono mettere a rischio la stessa struttura democratica del nostro paese. E quindi, per ripetere le maggiori accuse che vengono formulate, si passa dal rischio del ritorno del fascismo alla minaccia autoritaria; dalla negazione delle libertà democratiche alla sostanziale sospensione dei valori e dei principi della Costituzione repubblicana; dalla distruzione dello Stato sociale alla privatizzazione della sanità pubblica; dalla deriva illiberale al ripristino dello stato di polizia. Insomma, una serie di accuse che, però, anche il cittadino più sprovveduto e lontano dalla vita delle istituzioni, si rende conto della loro enormità ed astrattezza. E, di conseguenza, viene costruita una alleanza - il cosiddetto “campo largo” o ex “campo largo” stando alle ultime dichiarazioni dei vari protagonisti - sulla base di un nemico comune, cementato da un odio ideologico attraverso lo strumento del pallottoliere dove tutto si può ottenere tranne un obiettivo: e cioè, costruire una comune cultura di governo.

Dopodiché, è altrettanto evidente che quando il nemico viene dipinto in modo caricaturale e quasi goliardico, è ovvio che si tratta di una sommatoria destinata ad infrangersi di fronte alla prima difficoltà. Che, guarda caso, è quasi sempre di natura personale e mai di valenza politica. Come, nel caso specifico, il contrasto irriducibile fra Renzi e Conte. Cioè di due leader, speculari, che sono a capo di due partiti squisitamente e schiettamente personali, caratterizzati da un trasformismo che rischia di mettere in ombra la valenza politica e progettuale di una alleanza tra partiti diversi e a volte anche contrapposti. Due partiti che, come diceva Carlo Donat-Cattin ai tempi della prima repubblica, “sono capaci, capacissimi, capaci di tutto”. Ovvero possono fare qualunque cosa e al di là e al di fuori di qualsiasi coerenza politica, culturale, programmatica e personale.

Ma, al di là di questa vicenda personale, è altrettanto evidente che l’unico elemento che non si può non evidenziare è la fragilità e l’inconsistenza politica, culturale e programmatica del pallottoliere. Perché, appunto, il pallottoliere non appartiene al campo della politica ma solo e soltanto alla logica del potere. E la cultura delle alleanze, come hanno insegnato le dinamiche delle coalizioni di governo del passato, può recuperare valore e consistenza se la politica ritorna protagonista. E non soltanto l’odio ideologico verso il nemico o la costruzione di astratti ed inguardabili pallottolieri.