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LaPresse
«Quanto ci farebbero comodo due magistrati morti». Una frase così non si scrive, non si dice, non si pensa. E invece l’avrebbe detta – ma noi speriamo ancora che non sia vero – il presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Secondo La Stampa – che l’ha pubblicata con molta “discrezione” – l’avrebbe pronunciata a Torino, durante un’iniziativa che, forse, credeva fosse tra pochi intimi. E siccome nessuno ha ancora smentito – e nel tempo che passa senza smentite il fango si addensa, si compatta, diventa solido – siamo costretti a prendere sul serio questa frase. E siamo assaliti da un conato di vergogna.
Ripetiamolo, perché non ci si crede: il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi avrebbe detto che alla magistratura, oggi, servirebbero due morti. Due toghe cadute, magari sotto i colpi del crimine, sotto il piombo dei mafiosi, sotto l’esplosivo di qualche reduce della lotta armata. Un sacrificio umano per ricompattare un corpo che si è scoperto malato, affamato di potere, come ci ha raccontato Palamara nel Sistema.
Avremmo bisogno di due morti, avrebbe detto il presidente dell’Anm (ripetiamolo ancora). E lo avrebbe detto nel paese di Falcone, Borsellino, Terranova, Livatino, Chinnici, Scopelliti; nel Paese del sangue versato da uomini dello Stato assassinati perché indossavano quella toga. La stessa che indossa il presidente Parodi.
E se fosse vero – e noi speriamo ancora di no – Parodi dovrebbe fare solo una cosa: chiedere scusa e dimettersi. Ma non accadrà. Perché in Italia le cose non si dicono, si lasciano evaporare nell’aria, si dissolvono nel brusio delle smentite che non smentiscono, delle spiegazioni che non spiegano. E così il corpo della magistratura, avvitato su se stesso, continuerà il suo lento processo di autodistruzione.