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Tenere accesi i riflettori sulle più gravi violazioni dei diritti umani nei diversi scenari internazionali.
Un compito di per sé difficilissimo, reso quasi impossibile in questo periodo storico tenuto conto dell’aumentare dei conflitti armati, sia quelli tra stati nazionali, sia quelli, di più difficile lettura, che si svolgono all’interno di territori statali dove non vi è più un governo capace di garantire il controllo del territorio all’interno dei confini internazionali riconosciuti. Conflitti etnici, religiosi, spesso fomentati per garantirsi l’accaparramento di territori ricchi di rari quanto preziosi minerali.
Tale situazione non può e non deve esimerci dal continuare a monitorare, moltiplicando gli sforzi, le situazioni di rischio che affrontano i colleghi che operano in stati dove sono calpestati i principi dello stato di diritto e del giusto processo, di cui reclamano comunque il pieno rispetto quando difendono oppositori politici, dissidenti, giornalisti, attivisti dei diritti umani, esponenti della società civile.
Tra i Paesi dove maggiore è la repressione del dissenso ed è molto pericoloso esercitare in maniera libera ed indipendente la professione di avvocato vi è, come noto, la Turchia. Gli avvocati da molti anni sono vittime di intimidazioni, minacce, arresti arbitrari e processi condotti in spregio alle più elementari regole del contraddittorio. Tanti gli episodi di violenza e di aggressione, alcuni hanno pagato con la vita l’attaccamento alla toga e l’impegno indefettibile per garantire il rispetto delle regole processuali riconosciute dalle convenzioni internazionali.
Secondo i dati pubblicati nell’ultimo rapporto annuale dell’Associazione Arrested lawyers initiative dopo il tentativo di colpo di stato del 2016 più di 1700 avvocati sono stati incriminati, circa 700 sottoposti a custodia cautelare, almeno 553 avvocati sono stati condannati ad un totale di 3.380 anni di carcere. Aridi e drammatici numeri, dietro ognuno dei quali vi sono una persona, una storia umana e professionale, intere famiglie.
Il Consiglio Nazionale Forense e l’Osservatorio degli avvocati in pericolo (OIAD), di cui il CNF è cofondatore, continuano a monitorare da anni alcuni dei principali processi in Turchia che vedono imputati avvocati accusati di complicità, perché assimilati ai clienti che assistono, secondo un triste copione, che spesso vede le presunte prove di accusa fondarsi su testimoni segreti, la cui identità è sconosciuta alle parti.
Missioni di osservazione processuale e visite ai colleghi detenuti in carcere molto apprezzate da chi vive situazioni di detenzione severissime, in completo isolamento, subendo trattamenti inumani e degradanti, documentati dalle organizzazioni internazionali e dai report delle diverse missioni succedutesi nel tempo. Per denunciare le terribili condizioni di detenzione nelle carceri turche e per richiedere alle Autorità il rispetto dello stato di diritto e dei principi dell’equo processo la valorosa avvocata Ebru Timtik intraprese uno sciopero della fame di 238 giorni, che la condusse alla morte, in stato di detenzione, il 27 agosto 2020, a seguito del rigetto di tutti gli appelli e le istanze per la sua liberazione.
Gli osservatori internazionali svolgono un’attività preziosa, che spesso costituisce l’unica e fondamentale fonte di informazione su vicende che altrimenti resterebbero sconosciute, e mantiene costante la pressione esercitata sui Governi e le istituzioni internazionali affinché agiscano per garantire il rispetto dei diritti fondamentali.
D’altronde, difendere la libertà dell’esercizio della professione forense in qualunque Stato e contesto sociale equivale a salvaguardare lo Stato di diritto. E senza Stato di diritto non può esserci vera democrazia. Riaffermare questo principio non è mai superfluo, se solo si considera che, secondo una recente ricerca commissionata dal settimanale britannico Economist, solo il 5,7% della popolazione mondiale vive in Stati di democrazia compiuta o completa.
Non possiamo dimenticare che lo stato di diritto vive sempre in un precario equilibrio ed il nostro non fa eccezione. Per questo motivo dobbiamo seguire con attenzione ciò che succede nel mondo, perché le spinte autoritarie travalicano facilmente le frontiere.
Il modo in cui vengono rappresentati e trattati gli avvocati ed i difensori dei diritti umani è una spia della circolazione del virus autoritario. Gli avvocati, a qualunque latitudine, difendono la libertà e i diritti delle persone, ne sono portatori e chi calpesta i diritti umani, in primo luogo, aggredisce l’avvocatura che ha il compito di tutelarli.
Mettere sotto osservazione i luoghi dove questa patologia si manifesta non vuol dire ficcare il naso in questo o quello Stato straniero: significa occuparsi di sé stessi e preservare la democrazia.