Certo, c’è la figura deprecabilissima dei “garantisti a ore”. Ed è il profilo di chi predica il giusto processo per 364 giorni l’anno, salvo poi invocare pene esemplari e gattabuia non appena venga coinvolto qualche “nemico politico” o, più spesso, qualche disgraziato senza arte né parte.

Figure che sono spuntate “come funghi dopo le piogge” nelle ore successive la vicenda di Piercamillo Davigo, l’ex pm del pool milanese che ieri l’altro è stato condannato in primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio e poi è stato preso d'assalto da tutti coloro che in questi anni, anzi, in questi decenni, hanno subito le di lui scorribande giustizialiste.

Ma accanto ai “garantisti a ore”, c'è un'altra categoria: quella dei “giustizialisti a ore”. E qui la faccenda si fa decisamente più spassosa. E sì perché non ha prezzo assistere alle contorsioni dialettiche (altrimenti dette supercazzole) dei vari Travaglio, Massimo Fini e di tutti gli implacabili “legalitari” del Fatto quotidiano i quali, un minuto dopo la condanna di Davigo, hanno iniziato a invocare il giusto processo e la presunzione di innocenza.

Per non parlare degli articoli che ammettono che sì, Piercamillo Davigo è stato condannato, è vero, ma solo in primo grado di giudizio. E non ci sarebbe nulla di male - anzi sarebbe del tutto corretto - se non fosse che a ricordare che “siamo solo al primo grado di giudizio” siano coloro che fino a ieri hanno presentato un semplice avviso di garanzia come una condanna definitiva.

A noi non rimane altro che goderci l'attimo, la “deriva garantista” dei travaglini, consapevoli però della sua caducità: siamo infatti certi che questa “sbandata” momentanea passerà presto, giusto il tempo di un avviso di garanzia a un sindaco piddino o una multa a un sottosegretario forzista.