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Medicina tradizionale. Ricerche alternative. Una figlia perfettamente sana (e quindi cosa la vaccino a fare?). Medicine chimiche. Sono queste le mie parti preferite del commento di Madame di mercoledì in risposta alla indagine su un presunto falso green pass. Certo, anche chiedere ad amici e conoscenti e a medici in pensione, e «“signorina, lei è sana come un pesce”, salvo in alcuni casi», non sono male.
Ma non voglio parlare di questo. Né prendere in giro una ragazzina di vent’anni perché mi pare bullismo e “quante balle si ha in testa a quell’età”. Voglio parlare del timore e della paura e di come dovremmo trattarle. E del fatto che dovremmo smettere di sbavare sugli altri per sentirci più bravi e più intelligenti.
Perché quello che ha scritto Madame lo pensano in tantissimi. Magari non tutto insieme, magari in una forma meno ingenua, ma quasi nessuno è immune. Dalla omeopatia alla illusione della natura come buona e giusta, dalla incapacità di distinguere un parere autorevole da una qualsiasi Wanna Marchi cui dare retta per poi lagnarsi “ma mi ha detto che fare tre capriole avrebbe risolto la mia gastrite e invece” (incredibile, no?), alla paura della chimica come minacciosa presenza e grigia eminenza dei farmaci di Big Pharma.
E voglio parlare di un articolo di quasi dieci anni fa che mi viene sempre in mente quando si discute di vaccini e di pericolose illusioni. È un articolo bellissimo e spaventoso, scritto da Sophie Heawood e intitolato “Why I wish my daughter had been vaccinated” (The Guardian, 24 aprile 2013). Perché avrebbe voluto aver vaccinato sua figlia? Perché la bambina, a poco più di un anno, si prende la pertosse e passa settimane a tossire e a soffrire. E la madre a preoccuparsi e a pentirsi (e a capire però, che non è scontato, non basta prendersi un colpo per diventare svegli purtroppo). Perché Heawood aveva rifiutato di vaccinarla, mica viveva in epoca vittoriana, e il sistema immunitario si sarebbe rinforzato per conto suo, non serviva usare tutta quella chimica malevola. E poi erano davvero troppe tutte quelle iniezioni e per quelle malattie che non esistevano più: il tetano, la polio, la difterite, la tubercolosi e la pertosse. Quasi più e sapete perché? Grazie ai vaccini. Le malattie infettive non se ne vanno perché abbiamo il frigo pieno di verdure e di cibi organici, perché viviamo in una casa pulita (virus e batteri non si vedono, non sono come il calcare sui rubinetti) o perché siamo ricchi.
Quante delle convinzioni di Heawood riconoscete? Come molti, angosciata e spaventata per la figlia, ovviamente aveva finito col darle tutte le medicine che aveva trovato. Una trappola frequente e insidiosa è determinata da un vantaggio: non vedere più gli effetti di quelle malattie e che pensiamo scomparse per sempre. E dal pensare cose come “ah, ma da piccola ho avuto il morbillo e non sono morta”.
I vaccini poi soffrono anche del fatto che anticipano, prevengono, e quindi i rischi (tutto ha un rischio, anche le aspirine, anche farsi la doccia, anche non fare niente) non sono messi a confronto con gli effetti di una malattia in corso. Serve insomma uno sforzo in più, serve essere abbastanza lucidi per capire che il benessere di cui godiamo è determinato dalla immunizzazione e che l’immunizzazione, come un organismo vivente, va nutrita e mantenuta. Se si abbassa troppo, il virus o il batterio si prendono tutto lo spazio che abbiamo lasciato loro. Non è che ce l’hanno con noi, è la loro natura. La nostra dovrebbe essere quella di proteggerci e di proteggere le persone più fragili.
Questo non significa che le paure siano solo un sintomo di stupidità e di complottismo. E se il nostro interesse è quello di placarle e di convincere le persone a vaccinarsi non è utile sbroccare o guardarli come si guarderebbe uno scemo. Sulle paure e su come usarle bene c’è anche il bel libro di Eula Biss, pubblicato l’anno dopo il pezzo di Heawood (“Vaccini, virus e altre immunità” in Italia lo ha pubblicato nel 2015 Ponte alle Grazie).
Forse dovremmo anche smettere di essere così compiacenti (lo so, siamo in campagna elettorale) come Alessio D’Amato, assessore alla sanità del Lazio che chissà cosa ha letto e che ieri, verso le otto di sera, ha scritto sul suo Twitter: “Apprezzo la dichiarazione che ha fatto la cantante @sonolamadame1 sui vaccini. Desidero ringraziarla per questo messaggio così importante a favore della scienza”. Davvero? Per evitare malintesi: Madame ha vent’anni, non ha scritto niente “a favore della scienza” e ha il diritto di essere confusa ma gli altri dovrebbero sforzarsi di non esserlo. Soprattutto dopo i quarant’anni.
Approfitto per un’altra modesta proposta: togliamo i social ai politici, torniamo ai comunicati stampa, perfino ai fax. Al silenzio luddista. A leggere I promessi sposi. Ad ascoltare Francesco Guccini.