Che meraviglia l’avvocato Tonino Di Pietro in versione 2024! Separazione delle carriere, un appello all’Anm: «Se l’impianto è accusatorio, facciamocene una ragione». Capito Santalucia? No alla pesca a strascico: «E’ innegabile che qualche magistrato possa innamorarsi della sua tesi e portarla avanti a oltranza». E’ chiaro, magistratura genovese che ha indagato e giudicato Giovanni Toti? Poi su Palamara, perché ce ne sono tanti come lui. «Difendo a spada tratta la magistratura, ma non metto le mani sul fuoco per tutti i magistrati, così come non le metto per tutti i giornalisti d’inchiesta».

Qui l’elenco sarebbe lungo, sia tra le toghe che tra i colleghi. Queste frasi le abbiamo tratte da un’intervista di ieri a Libero, che ha preferito titolare sul fatto che l’ex pm di Mani Pulite abbia dato la propria solidarietà a Arianna Meloni, riconoscendo, nell’esposizione mediatica e negli attacchi politico-giornalistici che ha subito e che l’hanno qualificata come una sorta di grande fratello che si intrufolava in nomine governative, qualcosa di simile capitato a lui tanto tempo fa, Quando fu indagato, sputtanato, processato e assolto. Una vita nei tribunali, da accusatore e da accusato.

Ma l’avvocato Di Pietro in versione 2024 ha detto ben altro, nell’intervista a Libero di ieri e anche la sera precedente a La7. Peccato che per un motivo o per l’altro non tutte le sue parole siano state valorizzate. L’uso sapiente della domanda retorica mostra per intero il suo pensiero. Certo, si cambia nel tempo, e a volte in meglio. Sarebbe fantastico costruire un tribunale virtuale con i personaggi di trent’anni fa, e mettere Di Pietro nel ruolo di accusatore dei suoi vecchi colleghi. O di difensore degli antichi imputati.

Prima domanda: «E’ vero o non è vero che molte volte si apre un fascicolo sulla base di quello che si legge la mattina sul giornale?». Interessante notizia, o non-notizia, per i più smaliziati. Ci vengono in mente tutte le puntate di “Non è l’arena” in cui il gelataio Salvatore Baiardo vendeva caramelle spacciate per notizie su Berlusconi ritratto in compagnia di mafiosi in foto inesistenti o sparite. E intanto la procura di Firenze, che stava inesorabilmente per chiedere la quinta archiviazione per l’indagine sui presunti mandanti delle stragi del 1993, riapriva il fascicolo.

Più di recente, c’è un quotidiano ligure che sta cercando di convincere i magistrati a trasformare un imputato dell’inchiesta contro Giovanni Toti, in "pentito" e accusatore degli altri "colleghi", nel processo che inizierà il prossimo 5 novembre. Sarà interessante verificare se il suggerimento verrà raccolto. Sarebbe un caso di scuola. E, a proposito di giornali, ecco la seconda domanda retorica di Di Pietro: «E’ vero o non è vero che a volte certo giornalismo investigativo è soltanto cassetta delle lettere?».

Qui dovremmo metterci tranquilli in un’emeroteca, se ancora ne esistono, a sfogliare virtualmente l’intera collezione di alcuni quotidiani, compresi quelli, un paio, che sono nati per questo scopo. Ma andrebbe sempre ricordato che se c’è una mano che riceve la velina, ce ne è sempre anche un’altra che la dà. E magari una domandina sulla triste sorte subita dall’ex collega Piercamillo Davigo, sarebbe stata opportuna, sull’argomento.

Sul ruolo del pubblico ministero, uno che lo ha vissuto, e con che peso, ha sempre qualcosa da dire, ma Di Pietro è un po’ di più. Perché il suo nome è diventato simbolico nella storia di questi trent’anni, e perché lui ha conosciuto tutti gli attrezzi e anche i trucchi del mestiere. C’è un punto che è centrale, e che fa venir voglia di incorniciare le sue parole. Come quando dice: «Posso dire con franchezza che, se sei l’accusa, non puoi fare un’indagine per scoprire un reato, devi farla dopo che il reato è stato commesso».

Per esempio, se ti metti a spiare ogni sera chi entra e chi esce da un certo cancello, o portone, e controlli chi viene a una cena più o meno elegante, prima ancora di sapere che cosa stia succedendo in quella casa, stai o no facendo pesca a strascico? E se poi, dopo anni di processi, quella tal persona che hai spiato e poi fatto crocifiggere sui giornali, viene assolta, che cosa ti meriti? Ti prendo a schiaffi, faccio intervenire il Csm o chiamo l’avvocato Di Pietro? C’è poi un caso che l’ex pm cita esplicitamente, ed è quello dell’innamoramento di un’ipotesi che distoglie l’attenzione da piste investigative alternative. Come il “processo trattativa”, la grande bufala politica del secolo.

Di Pietro non ha dubbi. «E’ vero o non è vero che il ruolo del pubblico ministero è un ruolo di parte? E’ superfluo continuare a dire che il pm cerca la verità. Certo, ma cerca anche un colpevole e può finire per ignorare tutto il resto. Prendete la Trattativa Stato-mafia: individuato quel filone, si è preso in considerazione solo quello, quando il quadro era molto più complicato». Qui ci sarebbe stata bene una domanda del nostro Aliprandi su un terreno che l’ex pm del pool conosce, cioè l’inchiesta mafia-appalti. Ma nessuno è perfetto, si sa, e Damiano non era lì. Così come, e la domanda la facciamo noi, sarebbe interessante sapere quanti casi Di Pietro conosca di suoi colleghi o ex colleghi che abbiano anche cercato le prove a favore dell’indagato, come impone la legge.

Quante violazioni del dovere d’ufficio vengono commesse ogni giorno nelle procure italiane? Ce lo dica, avvocato Di Pietro, molto più simpatico in questa sua nuova veste, rispetto a quando interrogava agitando per aria i polsi a indicare le manette che sarebbero scattate se l’interrogato non avesse confessato, e possibilmente anche fatto qualche chiamata in correità.