Coerenza e politica sono vocaboli che non vanno d’accordo. Inutile inarcare le sopracciglia: è così da Pericle, dall’età dell’oro della democrazia. Dopodiché non possiamo mai smettere di sorridere. Il Pd ha riconosciuto di essere stato fin troppo autocolpevolista, dopo la decadenza del processo ad Andrea Carletti, sindaco di Bibbiano, sul quale pendeva ancora un’ipotesi di abuso d’ufficio, franata dopo l’abrogazione del reato voluta da Carlo Nordio, e soprattutto dopo che il primo cittadino emiliano era stato fatto incredibilmente passare per “complice dei ladri di bambini”. Qualche giorno fa il Pd ha letto la notizia, tracimata non si sa come, dell’archiviazione di Donatella Tesei, governatrice umbra, prossima nemica da battere alle Regionali, e stavolta ha inveito contro il guardasigilli che avrebbe salvato la presidente di centrodestra, pure lei accusata dai pm di abuso d’ufficio e ormai non più perseguibile. Non ci meravigliamo delle contumelie dem, figurariamoci del contestuale tiro al bersaglio inscenato, sempre contro Tesei, dai pentastellati.

Tutto secondo copione. Il Pd era stato capace, nella scorsa legislatura, di essere un apprezzato equilibratore, nelle riforme della giustizia. In particolare con lo sforzo che aveva permesso di neutralizzare almeno in parte il “blocca- prescrizione” di Bonafede. Adesso invece si perde nel fiancheggiamento di Giuseppe Conte, persino negli indecenti insulti alla presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo, colpevole di voler far luce su “Mafia- appalti” e per questo di voler dichiarare incompatibile, con quell’indagine conoscitiva chi, come Roberto Scarpinato, ne attacca pesantemente i “testi” principali.

Scarpinato si scaglia contro chi dovrebbe consentire di illuminare una verità alternativa: i figli di Paolo Borsellino. Li attacca, Scarpinato, nonostante sia stato parte in causa nelle vicende da ricostruire. Siamo sempre lì: la coerenza non è di questo mondo (politico). Però qui lo stridore è duplice. Perché tra i padri fondatori del Pd c’è un certo Luciano Violante. Che chiede sì ai partiti ( lo chiede da un ventennio) di intervenire sulle mele marce anziché lasciare che imputridiscano al punto da attrarre l’attenzione dei pm, ma si raccomanda anche di non usare più la giustizia come clava contro gli avversari. Ne siamo lontani. Non bastano, al Pd, le lezioni di Violante. E pare non sia bastata manco quella impartita dalla vittoria che Marco Bucci ha conquistato in Liguria nonostante l’armageddon giudiziario imbastito contro Toti.