La doverosa premessa: chi scrive condivide in toto la proposta Giachetti sull’aumento dei giorni di liberazione anticipata, con spregio indicata come “indultino mascherato”, ma comunque la si chiami trattasi di un tentativo di ridurre il sovraffollamento liberando detenuti ormai a fine pena, strumento deflattivo già in passato opportunamente utilizzato.

Sono ancor più d’accordo con un provvedimento di amnistia e indulto con caratteristiche analoghe a quello ultimo del 2006, accompagnato magari da quegli interventi normativi strutturali e di revisione sistemica dell’universo carcere che parrebbero timidamente comparire nel decreto, oggi legge Nordio sulle carceri, come gli elenchi a disposizione per gli inserimenti comunitari, per detenuti tossicodipendenti o comunque in difficoltà socio- economica e per lo più abitativa, a cui potrebbe aggiungersi l’intervento annunciato sulla custodia cautelare. È evidente che in questi anni è mancato un pensiero organico sul carcere, ed è comprensibile che ci sia allarme sociale rispetto alla fuoriuscita dal carcere di chi potrebbe recidivare in assenza di agganci sul territorio, possibilità abitative, lavorative, ecc.

Questo è sempre successo, allarme peraltro acuito da una selvaggia propalazione di processi mass- mediatici a cui nessuno vuole in realtà dire basta. E anche in questi mesi si poteva e doveva lavorare in questo senso, senza demandare anche quel poco di buono che c’è nel decreto Nordio sulle carceri a successivi regolamenti ( si veda aumento delle telefonate dal carcere, per esempio). E si è comunque in tempo a farlo.

Ma l’amnistia e indulto sono comunque doverosi, a fronte del numero di suicidi e di tutto quello che sappiamo sta accadendo nelle carceri. E questo governo, se davvero intende separare le carriere, ha un’occasione storica per adottare un provvedimento di clemenza, a conclusione di una lunga stagione di processi che almeno in parte giusti non sono stati, se si lamenta, e condivido, che non è ancora stato attuato il principio del giusto processo. Peraltro bisognerebbe anche che alcune forze politiche si dichiarassero apertamente per amnistia e indulto: Forza Italia da che parte sta? E il Pd? A molti non è chiaro. La questione è politica, e sul disastro carcere sono molti i governi e i parlamentari che non sono stati capaci di un efficace intervento e che hanno o dovranno risponderne agli elettori ( che peraltro non a caso diminuiscono). Vale la pena ricordare, a futura memoria, la sentenza Torreggiani di condanna dell’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU del 2013.

Ma i garantisti ( in senso ampio) hanno chiesto e chiedono che non ci sia commistione tra politica e processo e, da ultimo, anche la vicenda del presidente della Regione Liguria costretto di fatto a dimettersi per non essere più pericoloso, qualche interrogativo lo pone. Ma chi ritiene di voler separare politica e processo e di evitare indebite commistioni tra poteri dello Stato non può e non deve presentare esposti volti a chiedere di verificare se esistono i presupposti di una eventuale condotta omissiva, che dovrebbe essere causa diretta dei suicidi in carcere. Già, perché si abbia reato bisogna provare il nesso di causalità tra la condotta e l’evento e deve sussistere l’elemento psicologico del reato. E i suicidi dell’anno 2023, e quelli degli anni precedenti? E la mancata attuazione delle riforme scaturite dagli Stai generali dell’esecuzione penale? Non è una strada percorribile, anzi inasprisce ogni tentativo di addivenire una soluzione.

I parlamentari possono chiedere mozioni di sfiducia, ma in democrazia chi è all’opposizione spesso non riesce ad andare oltre. Ma questo è. Vanno riprese le iniziative politiche, altrimenti sembra che la politica si sia arresa, anzi cosi è, come ha detto Giachetti. Certo il ministro Nordio non è stato all’altezza delle aspettative di chi credeva in un possibile cambiamento. Ma una legge insufficiente, o sbagliata (come altre di questo governo) non giustifica una denuncia penale. Altrimenti ognuno può denunciare il politico o il rappresentante di governo che con scelte politiche sbagliate non ha modificato lo status quo esistente in un determinato settore (si pensi al tema degli incidenti stradali o agli infortuni sul lavoro). Tutti contro tutti, dando spazio all’intervento della magistratura nell’attività politica, cioè quello che si dice di voler evitare. Un conto è la responsabilità politica, un conto quella penale. Almeno su questo dovremmo essere d’accordo.