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Chiara Ferragni, croce e delizia. Bella brava generosa perfetta. L’imprenditrice glamour che nei giorni del covid finanzia con il suo antipatico compagno qualche letto in più in un reparto del San Raffaele di Milano e si guadagna l’ambrogino del Comune. Lei ammicca, si mostra anche senza abiti, androgina e sexy nella sua assenza di forme, si inventa con un noioso docufilm “I Ferragnez” su Netflix con i suoi tre bambini, di cui uno pare adulto con i suoi tatuaggi, e si abbracciano si abbracciano e ridono e ridono. La famigliola felice del Mulino Bianco, solo che ogni loro indumento è un messaggio che dice “compratemi” e lei diventa sempre più ricca. Ma sa anche piangere se lui sta male, e lui, proprio come uno normale della famigliola felice, può anche continuare a dire le sue cazzate, di politica o di musica o di qualunque cosa, come se fosse sempre al bar. Sempre con qualcuno che lo guarda e lo ascolta.
Poi succede. Succede proprio come quando da bambini avevamo fatto un bel castello accostando con prudenza le carte da gioco e poi mettendole le une sulle altre. Ma poi basta un niente, nessuno lo ha voluto, e tutte le carte vanno giù. Ma non è vero che è stato casuale, qualche movimento ha fatto cambiare il vento. Così è capitato che la fatina buona un bel giorno non era più buona, perché non era vero che se noi mangiavamo tanto pandoro aiutavamo tanti bambini sfortunati. I bambini la loro mancetta di natale l’avevano già avuta. E inutilmente il nonno Balocchi con quel saputello del nipotino continuavano a ossessionarci dalle tv, mentre la fatina buona ormai piangeva, vestita di una tuta grigia da carcerata, che da quel giorno finì sold out perché tutti la volevano anche se indossata dalla cattivona. E la cattivona finì gettata a terra come le carte del castello finto, insultata e strattonata come Maria Antonietta sul carretto che la portava al patibolo. E già, non era più Evita Peron che abbagliava con il suo sorriso mentre distribuiva denaro, che in questo caso era il sogno di poter un giorno essere come lei, mettersi davanti a un cellulare e indossare indossare indossare. E portare a casa milioni di follower e soldi soldi soldi. Ma la crudeltà non ha solo la faccia del popolo deluso, per quanto come sa digrignare i denti il popolo non lo sappia fare nessuno. La crudeltà, quella vera, è quella di chi ha il potere di decidere. E se prima ha avuto la faccia da babbo natale del Signor Balocco, poi arriva quella degli occhiali di Safilo, e infine lei, la Regina vestita di rosso, la Coca Cola, che liquida la fatina con un gelido comunicato. “Al momento non prevediamo” di usare quel materiale pubblicitario già girato con Chiara per il lancio alla vigilia di Sanremo, momento magico per la visibilità. Non bastassero i follower inferociti e spariti, e l’antitrust e la guardia di finanza e persino il comunicato guerrafondaio del Codacons che non si nega a nessuno e che vuol boicottare l’imprenditrice “in tutto il mondo”. Ma il vero problema è che le si sta asciugando intorno il mondo vero, quello senza lustrini ma anche senza anima, e allora la faccenda si fa grave. E allora ci siamo noi, tutti noi che non siamo perfetti, che preferiamo le persone con i loro diritti alle fate. E pensiamo che a Chiara Ferragni debbano essere date altre possibilità. Non perché ha chiesto scusa e promesso una beneficenza di un milione di euro per quei bambini. Ma per tutti quello che ha fatto prima, lavorando e dando lavoro, e anche mostrando di avere attenzione agli altri. Ci ha guadagnato? Certo, è un’imprenditrice. Ma sta misurando solo ora, dopo aver toccato con mano la crudeltà dei suoi “colleghi”, da Safilo a Coca Cola, che cosa è il mondo reale, senza fatine e follower, con le sue bellezze e le sue bruttezze. Coraggio, Chiara, rimboccati la maniche a torna a lavorare.