In un tempo di crescenti paure, di maggiori precarietà e incertezze sul futuro, il bisogno di sentirsi più sicuri, a proprio agio nella propria casa e nella propria città coinvolge tutti e tutte e per questo interroga la politica. E, come sempre avviene quando parliamo di tutele e diritti, anche l’insicurezza riguarda tutti ma non allo stesso modo: chi è più solo, più vulnerabile, ha meno risorse e opportunità rischia di pagare un prezzo più alto.

Lo sappiamo bene come donne, abituate ad essere spesso le più colpite di fronte ai grandi cambiamenti, sul piano sociale, politico ed economico. Proprio per questo la questione non può che riguardare le forze democratiche e progressiste e in particolare il Pd, che per sua stessa vocazione è chiamato a stare accanto a chi è più esposto e più svantaggiato. Tanto più davanti a un governo di destra che continua ad affrontare la questione in una logica esclusivamente repressivo-punitiva, ricorrendo quasi ossessivamente solo al diritto penale.

In questi due anni e mezzo abbiamo assistito all’introduzione di molte nuove fattispecie di reato e al progressivo aggravamento delle pene, per arrivare persino con il ddl sicurezza a norme che criminalizzano il dissenso e la libertà di manifestare le proprie opinioni. Un approccio non solo inefficace e pericoloso per la sicurezza, ma che mina le fondamenta del nostro Stato di diritto, arrivando nei fatti a proporre un vero e proprio scambio tra libertà e promesse di protezione che può sembrare innocuo ma che invece colloca il Paese su una china pericolosa. Come ha detto Gherardo Colombo, la valutazione delle politiche di sicurezza dipende da come si ritiene giusto organizzare la società, se secondo un criterio di supremazia per il quale chi sta in alto comanda e costringe ad obbedire chi sta in basso, oppure di condivisione, per il quale sono importanti il confronto e il dialogo. È bene ricordare che la nostra Costituzione ha scelto il secondo modello.


E allora, per noi la sicurezza è, certamente, presenza delle forze di polizia sul territorio, impegnate a garantire tanto l’ordine pubblico quanto la lotta ai poteri criminali. Questo utilizzando appieno la loro esperienza e le loro competenze, che invece nel modello della destra vengono compresse, a volte mortificate, per costruire una vera e propria filiera di obbedienti. Sugli agenti di strada vengono per esempio scaricati i maggiori rischi e le tensioni di piazza, inevitabili proprio perché manca una strategia politica di prevenzione e perché si usa il pugno di ferro contro il dissenso, e in cambio di questa sovraesposizione si offre loro qualche tutela (fino a ipotizzare, sul fronte giudiziario, una sorta di scudo penale) e qualche strumento operativo in più.
Ma in ogni caso l’ordine pubblico da solo non può bastare.

La vera scommessa non può che essere quella della lotta a tutte le forme di esclusione e marginalità sociali. È lì che ci giochiamo il risultato e l’efficacia di tutte le possibili politiche di sicurezza. Le ferite urbane vanno rimarginate e per farlo servono politiche integrate, dalla lotta al disagio sociale e alle povertà, alle politiche di inclusione ed educative, alla pianificazione e riqualificazione degli spazi urbani. Gli esclusi restano, e potenzialmente rappresentano sempre, il terreno più fertile per la violenza e la rabbia sociale, siano essi italiani o stranieri. Ecco perché servono, insieme a più agenti in strada e un maggiore controllo del territorio, politiche sociali che favoriscano l’integrazione di tutte e tutti.

Gli attori principali di queste politiche non possono che essere i sindaci, che conoscono meglio di chiunque il territorio e le sue peculiarità e sono in grado di calibrare e pianificare gli interventi più efficaci. Non a caso la nostra segretaria Elly Schlein è partita dalle sindache e dai sindaci dem per costruire il profilo delle politiche di sicurezza del Pd, visto che tra l’altro i nostri primi cittadini sono portatori di buone pratiche, oltre che di nuovi bisogni da ascoltare.
Infine la parola sicurezza è per noi inseparabile dalla parola libertà.

Sono stati i femminismi a mettere al centro della loro elaborazione da sempre la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Il pensiero della differenza può dunque essere d’aiuto anche per concepire un modello orizzontale e differente di sicurezza, radicalmente alternativo alla destra, imperniato sulla cura delle persone e sulla loro inclusione, fondato sulla partecipazione, sulla collaborazione, sul dialogo, sulla responsabilità. Sicurezza viene dal latino “sine cura” senza preoccupazione. Significa non doversi preoccupare in solitudine della propria incolumità perché lo Stato, la comunità, tutti e ciascuno si assumono anche questo pezzo di responsabilità. Discutiamo quindi di sicurezza, anche a sinistra, a partire dal pensiero delle donne, che ancora una volta ci viene in soccorso.