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Matteo Piantedosi, ministro dell'Interno
Il Signor Ministro dell’Interno ogni giorno ne dice una. Conia l’ineffabile frase “carichi residuali”, riferendosi agli immigrati. Per meglio chiarire il concetto rimprovera i suoi critici ammonendoli che se ci si vuole fermare all’esegesi delle espressioni burocratiche, “fate pure” ( grazie per l’autorizzazione, Signor Ministro), “ma non accettiamo lezioni da nessuno dal punto di vista del rispetto dei diritti umani”.
Il Signor Ministro teorizza che nessun padre, per quanto disperato, dovrebbe mettere i suoi figli nella situazione in cui si sono trovati quei poveretti morti a poche centinaia di metri dalle coste di Cutro (lo fanno anche le madri che quei figli, carne della loro carne, li mettono al mondo, Signor Ministro).
Per confermare che in materia di diritti umani nessuno può fare l’esegesi di quello che dice, scova un brano del discorso di insediamento del presidente John F. Kennedy, quello dove si esorta a non chiedere al Paese di fare qualcosa, piuttosto di essere pronti a fare qualcosa per il Paese. C’entra come i cavoli a merenda, ci sarebbe da sorridere, non fosse che viene pronunciata in un contesto tragico.
Il Signor Ministro sappia che qui piace l’esegesi: significa critica di un testo nelle sue forme. La critica, Signor Ministro, è l’essenza della democrazia; le forme, Signor Ministro, sono la sostanza delle cose.
Quel discorso di Kennedy del 20 gennaio 1961 va letto tutto. Quanto meno il periodo che precede la frase che il Signor Ministro ha voluto utilizzare: “È sicuramente tempo di mutar rotta, è tempo di destarsi, di stare all’erta, di mostrar vigore, di non rimasticare più le stesse frasi fatte, di non pestare più le stesse tracce”. Sicuramente Kennedy pensava a un’altra rotta, rispetto a quella che indica il Signor Ministro.
In tema “kennedyano”, si ricorda al Signor Ministro che quel 20 gennaio del 1961 a Washington, c’era almeno un milione di persone ad acclamare Kennedy anche un italo- americano, nato a Napoli 48 anni prima, Luigi Boschetto. Fa il garzone di barbiere a Napoli; a undici anni sbarca in America, con le unghie e i denti fa fortuna; nel 1956 acquista la licenza per il negozio di parrucchiere nell’hotel Park Lane, uno dei più eleganti di New York. Al Park Lane Kennedy stabilisce la sua residenza newyorkese nel periodo elettorale pre- inaugurale: Boschetto viene chiamato a sistemargli i capelli, Kennedy ne rimane soddisfatto, quel ragazzo venuto da Napoli diventa il parrucchiere del presidente.
Il senso di questa storia, al Signor Ministro che nulla ha da imparare in materia di diritti umani, non si proverà a spiegarlo; anche se probabilmente si dovrebbe, pur consapevoli dell’inutilità del tentativo.
Il Signor Ministro ha voluto chiarire il senso della sua frase sulla disperazione che non giustifica che per disperazione si possa abbandonare una terra dove si muore di fame, sete, malattia, guerra, in cerca di fortuna “altrove”: “Ho solo detto fermatevi, veniamo a prendervi noi attraverso strumenti legali come i corridoi umanitari”.
“Corridoi umanitari”: dove, come, protetti da chi, Signor Ministro: nell’Afghanistan dei Talebani, nella Siria di Assad, nella Libia di non si sa chi, nell’ex Africa un tempo francese ora preda dei mercenari Wagner agli ordini di Mosca, della Cina, del terrorismo salafita e islamista? Quelle migliaia e migliaia di profughi, sono già disperati di loro. Non aggiunga Signor Ministro, ulteriore motivo di disperazione.