Stiamo vivendo un momento di grande effervescenza in materia di giustizia penale. Molte le questioni sul tavolo, nello sfondo della forte contrapposizione tra politica e magistratura. Decisamente il tema della “separazione delle carriere” evidenzia una carica molto significativa in questo contesto. Anche se il dibattito inevitabilmente pone altresì la questione del sorteggio e quello della Corte disciplinare, e molte cose sono già state dette sui profili generali del tema, non appare del tutto inopportuno ritornare proprio sull’occasione da cui muove la riforma: il ruolo del pubblico ministero.

In prima battuta raccogliendo la sfida dell’ex presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che invita a citare un episodio in cui un giudice non abbia evidenziato la sua terzietà. Ebbene, ne ricorderò uno accaduto a Milano e riguardante uno dei tanti processi a carico di Silvio Berlusconi. Siamo a settembre del 1996. Al termine di una udienza, il p. m. dr. Colombo si avvicina al presidente del collegio chiedendogli conto di una decisione evidentemente ritenuta non condivisa (accoglimento di un’istanza difensiva di anticipazione della successiva udienza).

Il giudice – com’è noto – a giustificazione della sua decisione si esprime secondo la notissima espressione: «È la tecnica del bastone e della carota», riferendosi al metodo da usare verso avvocati e imputati. Al di là della risposta – nota per l’infortunio del microfono rimasto aperto – già l’avvicinamento al giudice per chiedergli conto di una decisione prospetta alcuni interrogativi che credo evidenzino una situazione della cui profondità non è dato conoscere il rilievo. Il giudice americano non solo non ammette interferenze ma se ascolta le parti lo fa con tutte e due, mai con una sola.

Tuttavia, spostando l’attenzione sui profili più strettamente processuali, come si addice al tema, mi pare opportuno ricordare come l’istituto della rimessione riguardi solo il giudice che è ritenuto inidoneo a giudicare nel contesto ambientale turbato dai gravi motivi di cui all’art. 45 c. p. p. Il dato si collega a due orientamenti giurisprudenziali che hanno riguardato il pubblico ministero, con riconoscimento solido del ruolo di parte del p. m.

Con una prima decisione, esclusa la isolata sentenza che riguardò l’ex generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Cerciello, si è ritenuto che i rapporti interni alla procura tra p. m. e p. g., non incidono sullo spostamento del processo, trattandosi di questioni legate al suo ruolo di p. m., cioè di parte, ma soprattutto va ricordata quella decisione che – a supporto del fatto che una parte non può ricusare un’altra che può solo astenersi – l’atteggiamento prevaricatore e significativamente ostile della procura ( milanese) nei confronti dell’imputato non possa determinare lo spostamento di sede processuale. Va altresì sottolineato che mentre i contrasti tra giudici, qualificati come conflitti, sono decisi dalla Cassazione, attenendo alla giurisdizione, i contrasti tra pubblici ministeri sono decisi dal Capo dell’Ufficio, proprio perché attengono al suo ruolo di parte. Il ragionamento va completato con la previsione per la quale, mentre l’imputato - salvi i casi di incompetenza – non può sottrarsi al giudice naturale, sollecitando l’intervento del giudice di rango superiore con la ricusazione, per i pubblici ministeri la valutazione della “mancanza di attribuzione” spetta sempre alla struttura degli organi dell’accusa ( art. 54 quater, c. p. p.). Questi elementi, già presenti nella struttura processuale, confermano – se ce ne fosse bisogno – la natura “intrinseca” da parte del p. m. e la sua distanza processuale dal giudice, che pertanto deve trovare completamento nel riconoscimento al giudice della sua terzietà, di fronte a due parti contrapposte, titolari di interessi diversi.

Il dato non è smentito dalla possibilità per il p. m. di svolgere indagini a favore degli imputati e dalla legittimazione a ricorrere a favore del condannato. La mancanza di sanzioni processuali confermano la sua autonomia insindacabile valutativa di parte. Il sicuro riconoscimento al p. m. del ruolo di parte, differenziato e distante dal giudice terzo, parimenti a distanza dalla difesa, non escluderebbe la possibilità che la modalità della rappresentatività del C. S. M. differenziato consentano anche un diverso meccanismo elettorale rispetto a quello del C. S. M. dei giudici.