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«Stiamo perdendo la gara», con queste parole preoccupanti del segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, si è aperto ieri a New York il Climate Action Change, vertice speciale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Un summit voluto fortemente dal palazzo di Vetro, al quale hanno partecipato 60 leader mondiali, e che ha preceduto la 74esima assemblea generale. Si è trattato di un'occasione per fare il punto in vista di un altro importante appuntamento che invece si terrà a dicembre in Cile, la Conferenza delle Parti. Sul tavolo alcune questioni fondamentali: innanzitutto la riduzione delle emissioni inquinanti del 40-60% entro il 2030, lo stop alla costruzione di nuove centrali a carbone e il blocco totale dei finanziamenti per l'uso di combustibili fossili. Guterres ha invitato a fare presto e perchè «basta guardare il moltiplicarsi dei disastri naturali con conseguenze sempre più devastanti. La siccità in Africa, oltre ad affliggere la popolazione locale, costringendola a spostarsi, alimenta i conflitti e il terrorismo. Assistiamo allo scioglimento dei ghiacciai, allo sbiancamento dei coralli, le catene alimentari sono messe a rischio». Al Climate Action Summit, alla fine ha assistito anche il presidente Usa Donald Trump che non aveva fatto nulla per dimostrare tutto il suo disinteresse lasciando inizialmente il posto a Marcia Bernicat del Dipartimento di Stato. Le posizioni del tycoon sono note, a partire dal ritiro dagli accordi sul clima di Parigi 2015. Trump ha già fatto sapere però quale sarà oggi il contenuto del suo discorso all'Assemblea generale: «Diremo che gli Stati Uniti sono il Paese più grande del mondo. Non siamo mai stati così forti e non siamo mai stati meglio.»