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Come aveva annunciato in campagna elettorale e poi una volta eletto nel 2017, Donald Trump ritira gli Stati Uniti dagli accordi sul clima siglati a Parigi quattro anni fa. Non si tratterà di un'uscita immediata, l'effettiva applicazione infatti entrerà in vigore solo nel 2020, un giorno dopo le elezioni presidenziali. Ieri però, per le clausole stabilite quando alla Casa Bianca sedeva Barack Obama, era il primo giorno utile per avviare la procedura.
Resta da vedere se Trump sarà rieletto o se un nuovo presidente rimetterà in discussione la decisione. Al momento però gli Usa hanno giustificato il proprio atteggiamento per l'onere economico ingiusto che comporterebbero gli accordi.
Il segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato che si seguirà «un modello realistico e pragmatico». In questo senso la strada è già stata tracciata con l'abolizione di una serie di leggi sull'inquinamento per ridurre i costi di produzione di gas, petrolio e carbone.
Secondo i calcoli di Washington gli accordi costerebbero 3 milioni di dollari in perdita di produzione e 6,5 milioni di posti di lavoro. Cifre che cozzano con le previsioni degli scienziati che hanno stimato danni economici enormemente superiori in caso di cambiamenti climatici incontrollati. Questi deriverebbero dall'eventuale aumento delle temperature di 2° C, livello da non sforare come previsto dai 187 paesi che si riunirono nella capitale francese.
Ma lo scontro è essenzialmente un confronto geopolitico tra Usa e Cina.
Secondo Trump l'intesa di Parigi offrirebbe alla Cina e ad altri grandi inquinatori un vantaggio sleale rispetto agli Stati Uniti, consentendo loro di continuare ad aumentare le emissioni.
La risposta internazionale non si è fatta attendere, non si è trattato di dichiarazioni di principio, a parte un generico «rammarico», ma di fatti concreti. Domani Emmanuel Macron incontrerà a Pechino il suo omologo cinese Xi Jinping, è prevista la firma ad una dichiarazione che stabilisce l' «irreversibilità dell'accordo di Parigi».
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang ha dichiarato di sperare che gli Stati Uniti possano assumersi maggiori responsabilità per quello che era un processo multilaterale, invece di aggiungere «energia negativa».
Il ritiro Usa però lascia la porta aperta ad altri paesi che volessero seguire lo stesso cammino, la Russia che ha da poco ratificato gli accordi dopo un lungo ritardo ha ammesso che sarà difficile parlare di clima senza gli Stati Uniti.