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Non è la prima volta. Né purtroppo sarà l’ultima. Gli episodi razzisti negli stadi sono frequenti e non basta dire, per giustificare l’accaduto, che si tratta di pochi tifosi. Ma l’episodio di domenica, quando durante Cagliari- Inter un gruppo di persone ha inscenato cori razzisti contro il calciatore belga Romelu Lukaku, risulta particolarmente odioso per diversi motivi.
Intanto perché era la prima partita di campionato e se il buongiorno si vede dal mattino, c’è poco da stare tranquilli. Ma a dare fastidio è stata anche la natura del commento razzista: alcuni tifosi cagliaritani, mentre Lukaku stava per tirare il rigore che poi ha realizzato, hanno mimato il verso di uno scimmione, paragonando un altro essere umano all’animale. Ma la cosa che dava più fastidio è vedere alcuni cittadini sardi prendere in giro qualcuno per la sua provenienza e per il suo colore della pelle. Dava cioè fastidio la mancanza di memoria di un popolo che a sua volta ha subito spesso pesanti discriminazioni per il suo accento, la sua statura media, il suo colore della pelle, la sua cultura.
Un passato non così lontano che ogni tanto è ancora vivo nel presente. Vuol dire che la storia non sempre insegna, anche quella vissuta in prima persona. C’è sempre qualcuno che è più povero di te, più sfigato di te, più qualcosa di te con cui prendertela e illuderti che hai un potere da esercitare. La dirigenza del Cagliari ha chiesto scusa e dovrà molto probabilmente pagare una multa.
Il Giudice Sportivo Gerardo Mastrandrea che avrebbe dovuto comunicare ieri l’eventuale provvedimento ha chiesto un supplemento di accertamento istruttorio. Una inchiesta è condotta anche dalla Procura. Intanto che si identificano i responsabili dell’atto di razzismo, si potrebbe regalare ai tifosi di quella parte dello stadio il libro dello scrittore sardo Sergio Atzeni, Passavamo sulla terra leggeri, una storia romanzata della Sardegna, dalla cui lettura potrebbero apprendere che i sardi sono un popolo misto, con sangue arabo, africano, spagnolo etc etc... Capirebbero forse che sfottendo Lukaku stanno offendendo se stessi, a partire dalla propria intelligenza.
La lega serie A ha annunciato una iniziativa per ottobre. Ogni squadra del campionato sceglierà un testimonial che farà parte della nazionale contro il razzismo. Altri stimoli sono arrivati dall’Ufficio anti discriminazioni razziali della Presidenza del consiglio: «Le società, la Lega e la Federazione - ha dichiarato il direttore generale Unar, Triantafillos Loukarelis - agiscano con urgenza per bandire il razzismo. Per sprovincializzare il nostro calcio è inutile rifarsi il trucco comprando grandi campioni internazionali se poi non si è in grado di tutelare la loro dignità».
L’Unar ha anche lanciato per marzo la Settimana contro il razzismo. Tutte iniziativa positive. Ma non bastano. Il calcio non è una monade separata dal resto. Se la società e la politica sono le prime ad essere attraversate da spinte razziste è difficile che il calcio cambi. E’ proprio dalla politica che si deve partire per sperare che anche gli stadi possano cambiare e che nessuno si permetta più di offendere un calciatore per la sua provenien-za.
Ci sono due Italie anche nello sport. Quella chiusa in steccati sempre più rigidi, che considera la presunta ( perché è solo presunta) purezza come un valore da preservare, dall’altra quella aperta alla commistione e ai cambiamenti. E’ l’Italia che vince nella pallavolo, nel calcio femminile, nell’atletica, nel basket. È il Paese migliore quello che non cede alle discriminazioni. Un anno fa Carlo Ancelotti, dopo i cori razzisti nei confronti del difensore azzurro Koulibaly in occasione di Inter- Napoli, polemizzo perché la partita non fu interrotta almeno per un po’. La norma, spiegò in quella occasione, esiste già, basta applicarla. Ha ragione Ancelotti non si può più fare finta di nulla. I razzisti vanno isolati. Non offendono una sola persona, offendo tutti noi. Bisogna farglielo capire.