PHOTO
Mercoledì 8 luglio parte l’appello bis nei confronti di Antonio Ciontoli e famiglia per la morte di Marco Vannini. Tuttavia ci ha pensato la trasmissione Quarto Grado ad anticipare, nel consueto processo mediatico parallelo, alcuni elementi che saranno posti all’attenzione dei giudici della II sezione penale. L’avvocato della famiglia Vannini, Celestino Gnazi, ha depositato una memoria che contiene anche una consulenza tecnica che sarebbe riuscita a ricostruire le parole del ragazzo pronunciate in sottofondo mentre Antonio Ciontoli parlava con il 118. Marco, dopo essere stato colpito per sbaglio da un colpo di pistola, avrebbe detto alla sua fidanzata Martina: "Dov'è il telefono, portamelo, portami il telefono, mi fa male, mi fa male il braccio" e ancora: "Ti prego basta, mi fa male, portami il telefono". Se la perizia sarà presa in considerazione lo sapremo l'8 luglio quando ci sarà la richiesta di ammissione delle prove per riaprire il procedimento dibattimentale. Ad effettuare le analisi è stata la Emme Team - Tms Group, con sede nel Michigan presso il gruppo legale Rodenhouse, che opera nel contrasto alla pirateria informatica e al reverge porn, anche qui in Italia come nel caso di Tiziana Cantone. A lavorare sul file audio è stato l’ingegnere del suono e premio Oscar Lee Orloff, intervenuto anche nella trasmissione di Rete4. Abbiamo voluto saperne di più circa la Emme Team: il sito italiano è alquanto dozzinale per essere di una società che si occupa di pirateria multimediale e web reputation; si compone della sola homepage e manca l'indicazione di una sede legale, dei contatti e dello staff che va a comporre il team; e non c'è alcun rimando al corrispettivo sito americano. Si fa solo riferimento agli studi legali partner del team: quello del Rodenhouse Law Group e quello dello Studio Legale Pettirossi, che abbiamo cercato di contattare senza ricevere risposta. Inoltre abbiamo saputo che contro un (ex?) membro della Emme Team c'è una denuncia per truffa presentata come parti lese dall'avvocato Annamaria Bernardini de Pace, dalla professoressa Maria Rita Parsi di Lodrone, e dalla criminologa Roberta Bruzzone a gennaio 2020 presso la Procura di Roma. Grazie alla dottoressa Bruzzone ci imbattiamo nel misterioso personaggio di John Peschiera. L’uomo nel 2018 contattò lo studio legale Bernardini De Pace per ricevere una consulenza urgente in tema di diritto d’autore. Il suo referente presso lo studio legale divenne l’avvocato Luciano Francesco Carlo Faraone, responsabile all’epoca del settore marchi, brevetti e diritto d’autore. Neanche lui ha voluto parlare con noi. Peschiera si presentava come informatico appartenente ad Emme Team, e faceva presente che il medesimo metodo informatico contro il revenge porn era assolutamente applicabile anche in tema di violazioni del diritto d’autore per contrastare la pirateria informatica sulle opere i cui diritti sono riservati. Ed è qui che scatterebbe il raggiro secondo la dottoressa Bruzzone: “il Peschiera ci disse che alcune nostre opere letterarie, ad esempio il mio libro su Chico Forti, erano oggetto di illecita diffusione nel web perché scaricato in maniera piratata, e mi propose di risolvere la questione attraverso il supporto del team Emme con un trattamento economico a suo dire di favore. In cambio avrebbe voluto essere messo in contatto con persone influenti della comunicazione con cui lavoro e conosco da tempo, ad esempio Bruno Vespa, per far conoscere il metodo della Emme team. Ma non ho ritenuto che ci fossero le basi di fiducia per creare questi contatti nonostante insistesse moltissimo”. Un aspetto che ha insospettito ulteriormente le donne è che il Peschiera disse che “presso la Corte Federale Usa pendeva un giudizio risarcitorio “milionario” nei nostri confronti incardinato grazie a lui ed Emme team. Quando abbiamo chiesto prova di ciò, ha cominciato ad addurre varie scuse e ad inviarci file che nulla dimostravano. Abbiamo fatto delle indagini e abbiamo scoperto che non c’era alcun fascicolo presso la Corte Federale Usa e che la sede della Emme team - Tms Group indicata in una fattura corrispondeva ad un comprensorio residenziale nel Michigan gestito da un’agenzia immobiliare per affitti. Inoltre il suo vero nome non era neanche John Peschiera, che usava a suo dire come pseudonimo per ragioni di sicurezza, ma Henry Iovine nato a Milano, come abbiamo evinto da una carta di identità per di più scaduta, e residente in Nevada. Ciò che mi ha fatto interrompere completamente i rapporti è che insisteva che andassimo a fare delle segnalazioni alla Procura di Roma su persone note e che a suo dire avrebbero commesso anche il reato di pedopornografia, senza neanche fornirci dati a supporto”.