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Faceva caldo quel 13 giugno a Roma. Il sole, alto lassù, picchiava forte. Ma il calore che ancora ritorna, trentacinque anni dopo, è quel dolce e avvolgente calore umano di una straripante fiumana di donne e uomini che scendeva dai treni e dai pullman e che da ogni lato cercava di confluire in piazza San Giovanni, dove a fianco della basilica era stato innalzato il palco per i solenni funerali di una persona per bene. Un pellegrinaggio serio, composto. Un milione, due milioni di persone. E chi lo poteva sapere? E chi poteva contarli? Un corteo muto, fatto di abbracci e di sguardi colmi di lacrime trattenute. Senza canti, senza slogan. Ognuno con il proprio striscione, la propria bandiera o vessillo. Con le delegazioni dei diversi comuni, di quasi tutti i comuni e di pressoché tutte le province, dietro il gonfalone portato alto dal rispettivo Sindaco o dal vigile urbano in uniforme che gli stava a fianco. C’era poi chi portava una foto o un fiore, oppure un fazzoletto rosso al collo. Oppure chi mostrava orgoglioso e dolente la prima pagina de L’Unità che gridava: ADDIO. La piazza stracolma di ragazze con i vestiti a fiori e di ragazzi con i jeans e i capelli lunghi. O forse erano più numerosi i tailleur delle signore? O gli abiti della festa tirati fuori per l'occasione da quelli con i capelli bianchi? Impossibile da dirsi. Il rosso sicuramente predominava, ma dentro e intorno a quella piazza era tutto un arcobaleno di colori che si scomponeva. Un popolo variegato. Quasi tutti comunisti italiani, ma non tutti. C’erano rappresentanze di tutti i partiti. Dirigenti e semplici militanti di sigle ormai scomparse: la Dc, il Psi, il Pri, il Psdi, il Pli. Tanta, tantissima gente comune. Insegnanti, artigiani, commercianti, pensionati, operai, professionisti che pur non facendo politica attiva, quel giorno volevano esserci. In piazza mancava soltanto Giorgio Almirante, a capo del Movimento sociale italiano e della destra più destra, che discretamente aveva comunque voluto varcare il portone di via delle Botteghe Oscure, sede del Pci, per rendere gli onori al principale ‘ nemico’. Onori a quel Berlinguer morto un paio di giorni prima a Padova, stroncato da un ictus durante un comizio per quelle elezioni europee del giugno 1984 che avrebbero poi registrato, anche sull’onda emotiva scaturita dal pathos di quella piazza, il successo del Pci al 33.3% dei voti. Tributo postumo al leader più amato. Fra quegli uomini di ogni età e di vario lignaggio, arrivati dal sud e dal nord d’Italia per quell’ultimo saluto, c’era anche chi scrive. Dopo giorni incollati alla radio e al televisore, per avere notizie di quella lunga agonia, iniziata il 7 giugno, con mia moglie decidemmo che a Roma dovevamo esserci. Lasciammo la bambina di 3 anni a dormire dai nonni per salire puntuali, all’alba, su uno dei tanti pullman messi a disposizione dalla locale federazione del Pci. Dalla partenza e fin quasi al raccordo anulare, tanto silenzio e un solo vivido ricordo: la giovane mamma seduta al mio fianco che lavorava ai ferri per preparare una copertina di cotone color arancio per il maschietto che sarebbe poi arrivato. Già, ma perché dovevamo esserci? Perché insieme a a quella giovane coppia partita dai piedi delle Alpi Apuane c’era anche tutto il resto del popolo italiano, sceso dalla Val d’Aosta o dal Friuli o sbarcato dai traghetti in arrivo dalla Sardegna o dalla Sicilia? Perché c'era Sandro Pertitni, presidente di tutti gli Italiani, a rendergli omaggio su quel palco? A distanza di tanti anni continuo a pensare che tutto fosse legato non a scelte politiche, ma allo spessore etico e alla struttura morale di Enrico Berlinguer.
Amato oltre il “suo” popolo e, non a caso, quel giorno avvolto da una bandiera rossa e da un drappo tricolore.
Sicuramente anche lui avrà compiuto errori e sarà arrivato in ritardo su più di un argomento. Ma nel grembo della Storia resteranno il suo sorriso e le sue fulgide intuizioni. Dal compromesso storico alla denuncia della questione morale, dallo strappo con Mosca all’eurocomunismo, dall’ombrello della Nato al valore universale della democrazia. Un uomo che forse sorriderebbe con noi, di fronte al film di Walter Veltroni, quando alla domanda su chi fosse Berlinguer, un ragazzo risponde “un commissario”. Sbagliato! La risposta giusta è: “Berlinguer era una brava persona, una persona per bene”.