I detenuti sono 61.510 a fronte di 47.003 posti regolarmente disponibili, rispetto alla capienza regolamentare di 51.209, con 4.206 posti in meno per l’inagibilità di diverse camere di pernottamento e in alcuni casi di intere sezioni. Situazione che fa schizzare l’indice di sovraffollamento del carcere di San Vittore, per esempio, al 224,02%, con un tasso nazionale, comunque drammatico, del 130,86%. Con una situazione simile, il decreto carcere varato ieri dal governo appare come un palliativo.

Il provvedimento prevede assunzioni di dirigenti penitenziari e personale polizia penitenziaria; semplificazione e velocizzazione delle procedure per l’accesso alla liberazione anticipata ordinaria (già vigente da anni); aumento delle telefonate per i detenuti; creazione di un albo delle comunità in cui dirottare chi è a fine pena. Il guardasigilli Carlo Nordio si è affrettato a chiarire: «Non ho mai voluto, né userò mai, la parola svuotacarceri, impropria e anche diseducativa». Secondo il ministro, il provvedimento «si può definire di umanizzazione carceraria: sappiamo quali sono le emergenze, tra cui i suicidi in carcere o la situazione dei minori. Domani (oggi, ndr) alla Camera va in discussione il cosiddetto ddl Nordio che riguarda tra l’altro intercettazioni, carcerazione preventiva e certezza della pena».

Il titolare della Giustizia ha spiegato che «le misure più importanti riguardano la liberazione anticipata: è una specie di patto che facciamo col detenuto». Nelle intenzioni del governo la principale misura per ridurre il numero dei detenuti dovrebbe essere appunto quella di un accesso teoricamente più agevole alla liberazione anticipata ordinaria, con la semplificazione e la velocizzazione delle procedure per i magistrati di sorveglianza. La differenza sta nel fatto che, mentre fino a ieri il detenuto presentava istanza per avere il calcolo e il riconoscimento dello sconto di pena (45 giorni ogni 6 mesi), con la nuova norma è il pm, nell’ordine di esecuzione, a indicare due possibili “fine pena”, calcolando anche quello risultante dalle detrazioni in caso di buona condotta ( per “rafforzare il patto rieducativo col detenuto”, consapevole che in caso di buona condotta ha accesso al beneficio); il magistrato di sorveglianza a propria volta calcola d’ufficio la liberazione anticipata su istanza del detenuto purché il calcolo faccia accedere ad altri benefici.

Si ridurrebbe così il numero delle istanze irrilevanti al fine dell’ottenimento di benefici, ritenute responsabili di intasare il lavoro dei giudici di sorveglianza. Parliamo comunque della liberazione anticipata ordinaria concessa al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione. Cosa ben diversa dalla liberazione anticipata speciale di 75 giorni ogni sei mesi, prevista dalla proposta di legge Giachetti- Bernardini, in discussione alla Camera, ma che rischia di finire su un binario morto, e anche dall’aumento a 60 ( anziché 45) ogni sei mesi per la liberazione anticipata ordinaria, indicato sempre nel testo del deputato di Iv e della presidente di Nessuno tocchi Caino.

A febbraio di quest’anno, la stessa Bernardini, interloquendo con via Arenula, aveva proposto una soluzione simile a quella adottata dal decreto per snellire le procedure per la concessione della liberazione anticipata ordinaria. Peccato che l’idea sia stata recepita con 5 mesi di ritardo, durante i quali i suicidi in cella si sono contati a decine.

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, della Lega, parla di grosso risultato: «Nessuno sconto di pena, nessuno svuota carceri, ma un impegno a snellire la burocrazia, facilitare il lavoro dei Tribunali di Sorveglianza, aumentare gli agenti di Polizia penitenziaria, combattere la piaga dei suicidi e assicurare programmi di recupero basati sul lavoro, anche presso comunità riconosciute e sicure».

Il decreto prevede la possibilità di accedere alle misure penali di comunità attraverso l’ingresso in strutture residenziali idonee all’accoglienza e alla riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti o con disagio psichico. Ma anche questa misura rischia di produrre pochi effetti. Si punta a ridurre il numero dei detenuti anche con la definizione degli «accordi con gli Stati di provenienza dei reclusi stranieri». Nordio ha ricordato anche che nel testo «c’è uno slittamento di un anno dell’entrata in vigore del Tribunale per i minorenni e le famiglie». Mentre quello delle madri detenute è «discorso molto complesso».

Non usa mezzi termini per giudicare negativamente il provvedimento Enrico Costa di Azione, che su X scrive: «Il decreto “carcere sicuro” è un titolo senza contenuti, non cambierà nulla, proseguirà l’incivile sovraffollamento, non cesserà la tragica catena di suicidi, la funzione rieducativa della pena resterà nulla». Sospende, invece, il giudizio il senatore Ivan Scalfarotto, capogruppo di Italia Viva in commissione Giustizia: «Esamineremo il testo del decreto con la massima attenzione in sede di conversione in Parlamento ma continueremo soprattutto a vigilare sulla sua efficacia in termini di miglioramento delle drammatiche condizioni di vita e di lavoro nelle carceri italiane». Posizione condivisa anche da Gennarino De Fazio, segretario generale di UilPa Polizia Penitenziaria, secondo il quale il governo «cura le metastasi con l’aspirina, perché alcune delle misure contenute nel decreto- legge apporteranno minimi benefici, altre saranno pressoché ininfluenti».

Per quanto riguarda il sovraffollamento, secondo De Fazio, «da una primissima valutazione del provvedimento, riteniamo che le modifiche all’iter per la concessione della liberazione anticipata, pur muovendo verso una possibile semplificazione, non produrranno benefici sufficientemente incisivi, soprattutto in relazione agli attuali indici di sovraffollamento». «Insignificanti e di là da venire - per il sindacalista -, poi, le assunzioni previste nel Corpo di polizia penitenziaria (500 alla fine del 2025 e 500 alla fine del 2026). Pessima, inoltre, l’apertura alla preposizione agli uffici dirigenziali non generali di magistrati, avvocati dello Stato e altre figure esterne».