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Continui trasferimenti da un carcere di massima sicurezza a un altro, da una sezione As1 ad un’altra, dove le celle non sono adeguate per ospitare gli ergastolani: e se quest’ultimi rifiutano, subiscono provvedimenti disciplinare tanto da finire in situazioni simili al 41 bis. Il caso più eclatante è quello che sta avvenendo da un mese a questa parte al carcere di Parma. Alcuni detenuti ergastolani, provenienti dal carcere di Voghera, reduci dello smantellamento delle sezioni 1 e 3 del circuito AS3, sono stati sanzionati disciplinarmente per essersi rifiutati di andare in celle poco più grandi di tre metri quadrati per starci in due. Per punizione sono stati mandati nella sezione di isolamento denominata Iride, e alcuni denunciano di essere stati ubicati in quattro celle lisce.
Una situazione che è stata denunciata – tramite una lettera all’associazione Yairaiha Onlus. La presidente Sandra Berardi ha segnalato la questione al garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, il quale ha chiesto a quello del comune di Parma Roberto Cavalieri di verificarla. Raggiunto da Il Dubbio, il garante Cavalieri ha confermato la gravità denunciata e definisce la situazione “allarmante”. D’altronde, tale precarietà, era stata preannunciata da lui stesso tramite una lettera indirizzata al Dap, ma senza ottenere risposta.
«Quattro celle, sono le cosiddette “celle lisce” il che significa: niente tv, bagno alla turca, niente luce nel bagno, niente tavolo per sedersi e poter mangiare come gli esseri umani, una luce che assomiglia ad un lumino di cimitero», denunciano i detenuti ergastolani all’associazione Yairaiha. «Per scrivere – si legge nella lettera - bisogna stare seduti sul letto con lo sgabello tra le ginocchia e sopra la carpetta su cui adagiare il foglio. Nelle celle lisce si deve mangiare in piedi visto che al posto del tavolo vi è una sorta di mangiatoia in cemento pieno. L’aria che si respira è quella del 41 bis: biancheria contata anzi, meno del 41, passeggi spettrali e pieni di muffa maleodorante. La sola differenza è il colloquio senza vetro».
Ma non solo. «Uno dei malcapitati a Voghera – si legge sempre nella lettera - aveva il piantone in quanto ha una piastra di ferro in una gamba e gli manca mezza mano, qui ha anche problemi per andare in bagno perché sulla turca non riesce a stare piegato. Nonostante abbia fatto presente le sue condizioni non ha ricevuto risposta».
I detenuti che si ritrovano per punizione alla sezione Iride del carcere di Parma, sottolineano nella lettera di denuncia: «Più che comodità stiamo chiedendo solo e soltanto i nostri diritti inalienabili: la tv è ministeriale, l’illuminazione adeguata è sancita dalla Cedu. In queste quattro celle non c’è niente a norma, ma delle norme ci si ricorda solo quando a trasgredirle è chi sta dall’altra parte della barricata, in questo caso dietro le sbarre». Sì, perché anche l’illuminazione è un dramma. «L’altro giorno – si legge nella lettera - è venuto l’agente addetto alla Mof e gli abbiamo chiesto se poteva aprire il portalampada e far scendere la lampadina, anch’essa imprigionata in una sorta di scatola di ferro che impedisce alla luce di diffondersi; la risposta è stata che in queste celle non si può toccare niente e che se volevamo le comodità potevamo salire in sezione, nelle celle a due in tre metri quadri».
Come già riportato da Il Dubbio, la situazione è al collasso. Il garante locale Cavalieri, in una lettera – ancora senza riposta – inviata al Dap, aveva fatto presente che il trasferimento a Parma di circa 50 detenuti AS3 dallo scorso mese di luglio ad oggi e, recentemente, l’assegnazione dal carcere di Voghera di 10 detenuti AS1, sette dei quali con ergastolo ostativo, che portando a 129 gli ergastolani presenti ovvero il 20% dei reclusi, ha «compromesso la vivibilità delle celle per i detenuti con lunghe condanne e, spesso, costretto i detenuti a vivere con un compagno malato, anch’esso bisognoso di maggior tutela» e accade che «i detenuti, pur di non vivere in cella con un compagno, preferiscono farsi rinchiudere nelle celle di isolamento e avviare forme di proteste». E sono proprio quelli reclusi - grazie al provvedimento disciplinare - alla sezione iride, che hanno scritto all’associazione Yairaiha. Ma forse non è solo un problema che riguarda il carcere di Parma, ma è molto più esteso.